Nel nostro Paese 10 milioni di anziani soffrono di insonnia: questo il dato reso noto nel corso dell’ultimo Congresso nazionale della Società italiana di gerontologia e geriatria (Sigg), specificando anche che il problema di un cattivo riposo riguarda l’80% delle donne e il 70% degli uomini entrati nella terza età.
Cause diverse tra maschi e femmine
Sempre secondo quanto registrato dalla Sigg, diverse sono le manifestazioni dell’insonnia dopo i 65 anni: si ha difficoltà a prendere sonno la sera oppure ci si sveglia più volte nel corso della notte o ancora ci si alza troppo presto la mattina, sentendosi per di più già stanchi. E diverse sono anche le cause nei due sessi: i maschi vedono il sonno “rovinato” soprattutto dal bisogno di andare in bagno (73% dei casi contro il 57% delle femmine); mentre le donne hanno nell’ansia o più in generale nei “brutti pensieri” il principale nemico del riposo notturno (90% dei casi contro il 66% degli uomini). Tra i fattori minori, una cena un po’ troppo abbondante per lui (7% dei casi contro il 2% dell’altro sesso) e il fastidio indotto dai dolori articolari per lei (l’8% contro il 5%).
“In molti casi alla base dei disturbi del sonno nell’anziano ci sono poi cause organiche, legate alle patologie di cui la persona soffre, che ovviamente si acuiscono man mano che l’età avanza”, aggiunge il dottor Andrea Fabbo, medico geriatra dell’Ausl di Modena e direttore della UOC Disturbi Cognitivi e Demenze. “Le più frequenti sono legate a malattie come il diabete, lo scompenso cardiaco, la depressione, problemi respiratori o renali, malattie neurologiche come il morbo di Parkinson o la malattia di Alzheimer, ma ci possono essere anche condizioni più specifiche come le apnee ostruttive notturne, che richiedono una gestione specialistica. A queste vanno poi aggiunte le situazioni ambientali sfavorevoli, come per esempio un letto e/o un materasso inadatto, la presenza della televisione, del computer o del telefono in camera, o ancora il vivere in una zona particolarmente rumorosa anche di notte”.
Fondamentale curare l’igiene del sonno
Un fastidioso senso di stanchezza è ovviamente il primo “effetto collaterale” dell’insonnia, ma ci sono anche altre conseguenze: “Dormire poco e male può per esempio essere causa di problemi di memoria o di crisi depressive, ma soprattutto negli anziani può essere responsabile di rovinose cadute, perché la mancanza di riposo notturno porta a un rallentamento dei riflessi e a conseguenti difficoltà nel controllare l’equilibrio”, spiega ancora il dottor Andrea Fabbo.
Come cercare di recuperare il sonno perduto? Per prima cosa curandone l’igiene. “Durante il giorno molto spesso gli anziani trascorrono ore davanti alla Tv e si appisolano in poltrona; non pochi hanno poi l’abitudine di fare una pennichella dopo pranzo, che considerano ristoratrice”, prosegue il nostro specialista. “In realtà sono proprio questi sonnellini ‘extra’ che incidono sul ritmo sonno-veglia, influendo negativamente sulla qualità del sonno notturno, con una riduzione delle ore in cui si dorme ‘davvero’. Non a caso noi geriatri lavoriamo molto sul concetto di ‘igiene del sonno’, che significa mettere in pratica poche, ma efficaci norme ambientali e dietetiche: non vedere la televisione a letto; consumare pasti serali leggeri; evitare il fumo, limitare il caffé e gli alcolici; evitare se possibile i sonnellini diurni, ma anche attività serali che richiedono uno sforzo fisico, perché possonio comunque alterare i ritmi naturali dell’organismo”. E’ poi anche utile cercare di coricarsi e di alzarsi sempre alla stessa ora, così da cercare di regolarizzare i ritmi sonno-veglia, e comunque andare a letto non appena si sente di avere sonno, per evitare che passi il “momento giusto” ritrovandosi poi a rigirarsi nervosamente tra le lenzuola.
Modificare le proprie abitudini seguendo queste indicazioni è sicuramente la mossa vincente per contrastare l’insonnia, con indubbi vantaggi e nessuna controindicazione. “Può inoltre essere utile compilare un ‘diario del sonno’, in cui vengono annotati le modalità di sonno e di veglia, l’eventuale pisolino, le attività durante la giornata, l’uso di stimolanti, l’assunzione di farmaci che inducono il sonno, la quantità di alcol giornaliera consumata, la dieta, il numero dei risvegli per notte, il proprio stato d’animo e tutti gli altri dettagli che possono aiutare il medico a meglio individuare le cause dell’insonnia, suggerendo di conseguenza all’anziano le migliori strategie per tornare a dormire almeno in modo soddisfacente”.
Farmaci: soluzione o problema?
Una pillolina per dormire: tanti anziani vi fanno ricorso, ma se è vero che può rivelarsi la soluzione più facile, non è detto che sia anche la migliore per la salute. “Nella terza età c’è una tendenza a fare abuso, oltre che uso dei farmaci”, conferma il dottor Andrea Fabbo. “Accade così spesso che per aiutarsi a prendere sonno gli anziani inizino ad assumere ansiolitici: tuttavia, a lungo andare questa classe di farmaci può causare dipendenza, provocare disturbi cognitivi (recenti studi hanno dimostrato che la loro assunzione prolungata aumenta il rischio di demenza) e aumentare a sua volta il rischio di cadute per un rallentamento dei riflessi. Se da un lato vale quindi come sempre la raccomandazione di evitare le auto-prescrizioni, dall’altro bisogna invitare a valutare con attenzione il problema con il proprio medico curante o con uno specialista. Questo anche per scongiurare rischiose interazioni tra i farmaci per l’insonnia e quelli che l’anziano in tantissimi casi già prende per altre patologie: va infatti ricordato che una delle cause più frequenti di ricovero degli anziani in ospedale sono proprio gli effetti collaterali dei farmaci”.
Proprio i medicinali possono tra l’altro essere alla base di un cattivo sonno. “Come per esempio i diuretici o i betabloccanti assunti contro la pressione alta: i secondi, in particolare, inibiscono la produzione di melatonina, ormone fondamentale per i corretti ritmi sonno-veglia”, spiega sempre il dottor Andrea Fabbo. “Anche i corticosteroidi, usati per contrastare le patologie osteoarticolari, mettono a rischio il riposo, perché molto ansiogeni. E l’elenco prosegue con gli antidepressivi, i farmaci per ridurre il colesterolo, gli antisecretivi gastrici, alcuni antibiotici (soprattutto quelli che passano la barriera encefalica e causano così non solo disturbi del sonno, ma anche confusione mentale)”.
In tutti questi casi il consiglio è sempre quello di parlarne con lo specialista per capire se sia più o meno possibile migliorare la situazione cambiando il farmaco o intervenendo su dosaggi e modalità di assunzione, considerando il rapporto “costi/benefici” rispetto all’intero quadro clinico del soggetto. “Sempre meglio parlare con un medico anche per tutti quei prodotti, più o meno naturali, acquistabili in farmacia senza bisogno di ricetta: compresse di melatonina, valeriana e fitofarmaci vari”, conclude il dottor Fabbo. “Anche qui assunzione e dosaggi sono da considerare e tarare per ogni singolo soggetto, ricordandosi sempre che la soluzione più efficace è quella di ‘lavorare’ sul proprio stile di vita per creare le condizioni che più favoriscono il riposo notturno”. E se poi, malgrado l’impegno, il riposo notturno continua a essere scarsamente soddisfacente, ci si può rivolgere a uno dei Centri regionali di medicina del sonno accreditati dall’Aism (Associazione italiana medicina del sonno), il cui elenco è disponibile cliccando qui.
Redazione Peranziani
Articolo revisionato dalla nostra redazione