Quando si diventa anziani? E’ una domanda a cui, da sempre, medici e sociologi cercano di dare una risposta. Risposta che, inoltre, va adeguata al passare degli anni. Nel ‘900 infatti era prassi considerare “anziano” un uomo (o donna) che avesse compiuto i 65 anni. Una “tradizione” voluta da Otto Von Bismarck, preoccupato della gestione delle pensioni della Germania di allora.
Poi, l’aumentare dell’aspettativa di vita (cresciuta di 20 anni in un solo secolo), ha portato a nuove convenzioni. Addirittura è stato introdotto il concetto di “terza età” legata al decennio diciamo seguente alla pensione e poi quello di “quarta età” in cui si cataloga quella fase della vita dove entra in campo il decadimento fisico
Anziani a 75 anni
La SIGG, la Società Italiana di Geriatria e Gerontologia, ha lanciato la sua proposta che prevede l’introduzione di un nuovo concetto di “anziano” a partire dai 75 anni.
“Un 65enne di oggi – scrive in un documento il SIGG – ha la forma fisica e cognitiva di un 40-45enne di 30 anni fa e un 75enne quella di un individuo che aveva 55 anni nel 1980. Oggi alziamo l’asticella dell’età ad una soglia adattata alle attuali aspettative nei paesi con sviluppo avanzato. I dati demografici dicono che in Italia l’aspettativa di vita è aumentata di circa 20 anni rispetto alla prima decade del 1900. Non solo, larga parte della popolazione tra i 60 e i 75 anni è in ottima forma e priva di malattie per l’effetto ritardato dello sviluppo di malattie e dell’età di morte. In una società italiana sempre più anziana ma, anche longeva, questa proposta può sembrare, ai più maligni e disillusi, un appoggio utile per aumentare in futuro anche gli anni anagrafici necessari utili per accedere alla pensione. Al momento questo aspetto sembra ancora essere lontano e non previsto negli argomenti proposti e dibattuti dalla SIGG, anche se questa nuova soglia potrebbe rivoluzionare sociologicamente e culturalmente i concetti di anzianità e invecchiamento attivo, relativamente all’Italia e poche altre nazioni; anche uomo e donna hanno longevità diverse e di cui si deve tener conto”.
Considerare anziano un 65enne oggi è anacronistico: a questa età moltissimi stanno fisicamente e psicologicamente bene. Sono nelle condizioni in cui poteva trovarsi un 55enne una quarantina d’anni fa. Per questo affermano di non sentirsi vecchi: non lo sono e se hanno qualche piccolo acciacco lo tollerano senza troppi drammi. Anche una ricerca dell’Università svedese di Goteborg ha dimostrato che i 70enni di oggi sono più “svegli” dei loro coetanei di 30 anni fa: ai test cognitivi e di intelligenza ottengono risultati migliori, probabilmente perché sono più colti, più attivi e meglio curati rispetto al passato.
Chi sono i nuovi anziani
“Spostare la vecchiaia dopo gli 80 anni è forse troppo ottimistico, ma senza dubbio abbiamo guadagnato una decina d’anni ha spiegato il Presidente del SIGG, Marco Trabucchi – la vera terza età inizia a 75 anni, ormai. In Italia, poi, l’aspettativa di vita è una delle più alte: significa che viviamo bene, e che da noi è ancora più probabile che altrove arrivare a 75 anni in buona salute”.
La rivista Scientific American poco tempo fa si chiedeva addirittura: «I cento anni sono i nuovi ottanta?». E quando arrivano i guai della vecchiaia, come gestire gli inevitabili cambiamenti? “Per continuare a stare bene – ha aggiunto Trabucchi – non bisogna lasciarsi andare: mantenersi attivi mentalmente e fisicamente, avere interessi, accettando però i nuovi limiti. Non è giovanilismo, ma un sano approccio alla vita per rendere più lieve il peso degli anni, senza di colpo pensare solo al senso di perdita per ciò che non è più”.
Per la medicina quindi non ci sono dubbi. Il progresso ci ha regalato “tempo”, anni di vita che vanno utilizzati al meglio. Basta saperlo e, soprattutto, volerlo
Redazione Peranziani.it