Sono mille le difficoltà a cui va incontro un malato di Parkinson, una malattia che infatti colpisce e modifica in maniera sensibile la qualità della vita. Le difficoltà motorie che il morbo provoca sulle persone, soprattutto sugli anziani, limitano gli spostamenti, le relazioni sociali agendo quindi non solo sul fisico ma anche sulla mente, sulla psiche. Aggiungendo problema a problema.
“L’approccio farmacologico è, purtroppo, legato a contenerne i sintomi piuttosto che a curare la malattia. Ciò significa – spiega la dottoressa Roberta Ravenni, Neurologo, Neurofisiologo clinico, Membro del Board scientifico sulla tossina botulinica e Specialista in disturbi del movimento (MDS). Master di II ° livello presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Disturbi Neurodegenerativi e del Movimento. Responsabile dell’ Alta Professionalità in Neurofisiologia Clinica Azienda ULSS 5 Rovigo – che cerchiamo di trattare e contenere l’espressione dei sintomi della malattia, dal momento che una terapia, ossia un farmaco che possa cambiare la storia naturale della malattia, non è ad oggi conosciuto. Tuttavia, il crescente numero di principi attivi che negli anni sono stati immessi sul mercato e che possiamo utilizzare, insieme alle metodiche più invasive quali quelle chirurgiche (es DBS), ci consentono di avere la meglio sui sintomi della malattia per molti anni, permettendo ai pazienti una qualità di vita buona e talora, ottima. Tengo a sottolineare però, che i farmaci non sono e non devono essere la sola strategia di attacco per combattere la Malattia di Parkinson. E’ stato dimostrato che il cambiamento di alcune abitudini di vita, come la cura dell’igiene del sonno, l’attività fisica, una dieta adeguata, il mantenimento della vita sociale di relazione ed una adeguata stimolazione cognitiva ottengono, sul medio e lungo raggio, risultati paragonabili a quelli ottenuti con la terapie farmacologiche.
Combattere il Parkinson non è impossibile. Curarlo purtroppo ancora no. Ma, una volta effettuata una diagnosi corretta (alla base di qualunque successivo intervento terapeutico), le frecce al nostro arco sono molte e possiamo utilizzarle in maniera da raggiungere una ottima qualità della vita”.
Qualità della vita
Mantenere una qualità della vita la più alta possibile. E’ questo l’obiettivo delle persone che ruotano attorno ad un malato di Parkinson. Non c’è infatti solo il medico curante (che deve avere conoscenze ed esperienze specifiche) ma ci sono anche gli infermieri, le badanti o le persone che fanno assistenza domiciliare, i fisioterapisti e, per ultimi ma non per questo meno importanti, i parenti e gli amici del malato.
“La raccomandazione – conclude la dottoressa Ravenni – è quella di rivolgersi sempre a medici neurologi che siano specializzati ed abbiano esperienza nella diagnosi e nella cura dei disordini del Movimento e della Malattia di Parkinson, al fine di ottenere la maggiore accuratezza diagnostica possibile ed un approccio terapeutico adeguato ed al passo con le recenti acquisizioni in materia di terapia, farmacologica e non”.
Se le strutture per anziani hanno le competenze necessarie per gestire un malato di Parkinson diverso è il discorso se il malato si trova a casa. Che sia assistito da personale infermieristico preparato avere un malato di Parkinson in casa significa avere a che fare con una serie di problemi piccoli e grandi legati alla semplice vita quotidiana: pensiamo al mangiare, all’igiene personale, ai bisogni fisiologici, al movimento. Operazioni di certo non semplici soprattutto per la mente del parente che si trova a doverle compiere e che soprattutto non è molto preparato ad affrontare certe situazioni.
Assistenza domiciliare
Ecco perché il consiglio più che mai è quello di rivolgersi a persone qualificate ed esperte. Saranno loro a guidarvi in questo percorso, a consigliarvi anche a darvi coraggio.
Le cose da fare poi non sono per nulla poche e non resta molto tempo libero. Al risveglio bisogna pensare alla pulizia, alla colazione (un malato di Parkinson spesso ha problemi a deglutire), poi bisogna provare a muoversi a camminare. Senza dimenticarsela fondamentale terapia farmacologica.
Per quanto riguarda poi l’alimentazione per evitare problemi di disfagia è consigliabile una dieta basata su cibi medio solidi.
In assoluto bisogna cercare di lasciare la persona malata più libera possibili di fare le cose che riesce a fare, fino a quando è in grado di farle. Questo per evitare che la persona si affidi totalmente agli altri arrivando ad una vera e propria dipendenza dall’assistenza domiciliare.
Redazione Peranziani.it