Demenza senile: la dieta e le terapie non farmacologiche contro il decadimento cognitivo

25 Marzo 2018

La demenza senile, specialmente se di natura degenerativa, si sviluppa in genere con una rapidità disarmante che spesso spaventa il caregiver, costretto a fronteggiare una realtà ogni giorno diversa e spesso peggiore. “La buona notizia, tuttavia, è che se la diagnosi è stata fatta entro un tempo utile, esistono diverse strategie che possono essere messe in atto anche in ambito domestico per aiutare a contenere la degenerazione della demenza semplicemente modificando lo stile di vita della persona”, spiega la dottoressa Chiara Cerami, neurologa dell'Unità di Riabilitazione specialistica – Disturbi neurologici, cognitivi e motori dell'IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.

Prima cosa: attenzione alla dieta

Se mangiare correttamente è sempre importante, lo diventa ancora di più in un soggetto affetto da decadimento cognitivo. “Non è certo la prima cosa alla quale il caregiver normalmente pensa, ma in realtà dopo una diagnosi di demenza è necessario rivedere l’alimentazione dell’anziano. Una dieta mediterranea, povera di grassi saturi e ricca al contrario di ortaggi contenenti antiossidanti, come carote, mirtilli e molte verdure a foglia verde, può infatti rallentare l'avanzare della malattia perché contrasta almeno in parte i fenomeni di invecchiamento, incluso quello cerebrale”, raccomanda la dottoressa Chiara Cerami. Sconsigliata invece l'assunzione eccessiva di zuccheri raffinati e di alcolici, con la sola eccezione del vino rosso: “Contenendo un particolare polifenolo, il resveratrolo, ha notevoli proprietà antiossidanti, per cui un bicchiere a pasto è concesso nel caso l’anziano era abituato a berlo”, prosegue la specialista. “Inoltre, prima ancora di ricorrere ai farmaci, è possibile pensare a un ‘intervento nutraceutico’, cioè a integrare l'alimentazione – ovviamente sotto il controllo dello specialista – con vitamine del gruppo A ed E, che gli studi hanno dimostrato essere d’aiuto per la memoria e per l’attività cerebrale”.

Indispensabile anche una regolare attività fisica 

In generale, controllare il peso e soprattutto evitare l'obesità serve anche a garantire una buona circolazione del sangue della quale si avvantaggia anche l'ippocampo, la parte del cervello che svolge un ruolo fondamentale nella conservazione della memoria a lungo termine. “Perché questo avvenga davvero una buona alimentazione non è però sufficiente: a essa si deve aggiungere una regolare attività fisica di tipo aerobico”, avverte la dottoressa Cerami. “Bastano 30 minuti di passeggiata a ritmo sostenuto cinque volte la settimana oppure 60 minuti tre volte alla settimana per un’efficace azione anche contro il decadimento della memoria e delle altre facoltà mentali”.

La stimolazione cognitiva

In parallelo può anche essere condotta una terapia specifica per il benessere mentale, concentrandosi su quelle facoltà che è possibile difendere dalla malattia. “La stimolazione cognitiva, intesa come il sollecitare il soggetto a mantenersi attivo attraverso azioni ricreative, deve essere svolta fin dal primo giorno”, spiega sempre la dottoressa Chiara Cerami. “Nelle fasi iniziali della malattia può anche essere condotta a casa dal caregiver attraverso esercizi specifici – suggeriti a seconda dei casi dallo specialista – per mantenere attive le funzionalità cognitive sia per ciò che riguarda l'orientamento spazio-temporale sia per ciò che concerne la memoria a breve termine e la capacità di espressione. Inoltre, è sicuramente d’aiuto l’interazione con altri soggetti in contesti pubblici quali circoli ricreativi, cineforum e simili, dove l’anziano può avere benefici stimoli per la mente in situazioni prive di stress”.

Una terapia in più

Infine, nei Centri per i disturbi della memoria, specialmente nella prima fase della malattia, può essere tentata la via della stimolazione magnetica: “Si tratta di una terapia innovativa e non farmacologica, oltre che non invasiva”, conclude la specialista, “che permette di riattivare determinati circuiti cerebrali intaccati dalla demenza, consentendo così di contrastare il progredire della malattia con regolari sedute periodiche a discrezione del medico curante”.

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