A volte si è convinti che i più piccoli non possano comprendere certe situazioni, altre si è preoccupati del fatto che non siano in grado di affrontare il dolore. Tuttavia, se comunicare un problema come la malattia del proprio nonno o della propria nonna a un bambino non è affatto semplice, dissimulare o camuffare la realtà potrebbe essere una scelta che va solo a complicare la situazione. “I bambini percepiscono tutte le variazioni nel comportamento di un adulto e non fornire risposte adeguate alle loro domande non può che indurli a interpretare in autonomia il problema, amplificandolo e trasformandolo in una fonte di ansia”, avverte la psicologa e psicoterapeuta Laura Rivolta.
Si può quindi dire che bambini percepiscono subito anche i primi sintomi dell’Alzheimer come della demenza senile?
“Che sia lo scordarsi una parola, benché sia già stata ripetuta molte volte da altri, oppure una completa perdita di interesse nei giochi che prima si era soliti fare assieme, è indubbio che questi cambiamenti e comportamenti ‘sospetti’ da perte del nonno o della nonna vengono immediatamente percepiti. Un bambino, anche se piccolo, ha coscienza delle abitudini dei nonni come del loro linguaggio, e non tarderà quindi ad avvertire una rottura della routine della quale era solito fare parte.”
Con quali conseguenze per il nipotino o la nipotina?
“I cambiamenti nel comportamento del nonno sono innanzitutto una fonte di ansia, perché il piccolo non riesce a decodificarli e a dare loro un significato. Se non ricevono una spiegazione, i bambini – come d’altronde accade a tutti noi – tendono così a fornirsi da soli delle risposte e a interpretare il problema in maniera personale, spesso amplificandolo e trasformandolo in un ulteriore nutrimento per la propria ansia. Un bimbo lasciato alle sue deduzioni non potrà quindi che associare gli ‘strani’ comportamenti dei nonni, specie se accompagnati da scatti d’ira o gesti di intolleranza, a pura cattiveria e mancanza d’amore. Devono allora arrivare delle risposte dal genitore, con tutte le attenzioni del caso poiché per un bambino è difficilissimo anche solo concepire che una delle sue figure di riferimento possa ammalarsi”.
Come deve allora comportarsi il genitore?
“Deve spiegare con parole semplici che esistono malattie che colpiscono la memoria e che il nonno è ora affetto da una di queste. Questa sincerità può solo essere benefica per il bambino, che saprà darsi una spiegazione di determinati comportamenti del nonno o della nonna diversi rispetto al passato. Inoltre, dobbiamo pensare che comunicare delle informazioni inerenti alla demenza senile o al morbo di Alzheimer è anche un modo per creare una complicità e intimità tra il bimbo e il genitore, perché il più piccolo imparerà come deve comportarsi e comincerà a comprendere che ha la possibilità di rappresentare un aiuto concreto per tutta la famiglia nell’assistenza al nonno o alla nonna.
C’è un momento migliore per comunicare al nipotino la malattia del nonno?
“Non è necessario spiegare subito ogni dettaglio della malattia, ma sicuramente non appena si manifestano dei sintomi più evidenti è bene affrontare il discorso con il piccolo. Questo anche perché, giunto a un determinato stadio, l’anziano può arrivare a pronunciare frasi come ‘Non ti voglio più bene!’ se la persona che ha di fronte non assume i comportamenti che egli si aspetta. Una frase del genere può colpire profondamente un bambino all’oscuro di tutto, mentre sapere che anche quella frase è collegata alla malattia del nonno non può che rasserenarlo e fargli credere che sia solo una ‘bugia’. Attenzione, poi: non sempre i dubbi, le perplessità o le ansie si manifestano in maniera diretta e verbale, quindi è consigliabile prestare attenzione a ogni comportamento del bambino”.
Può farci qualche esempio di situazioni che devono mettere in guardia la mamma e il papà?
“Se ad esempio il figlioletto inizia a soffrire di insonnia o fare spesso degli incubi in concomitanza con il manifestarsi della malattia del nonno, oppure se ha sviluppato una forma di pudore nei confronti di quest’ultimo. Un altro segnale di disagio potrebbe manifestarsi con la scelta di non invitare più amici a casa, se l’anziano vive in famiglia”.
In tutto questo, come si modifica il rapporto nonno-nipote?
“Ovviamente, la routine alla quale il bambino era abituato non può che trasformarsi e molte delle attività che era solito svolgere in compagnia del nonno o della nonna non sono più possibili. Il genitore può comunque proporre delle alternative per mantenere almeno parzialmente il rapporto, sottolineando soprattutto la possibilità che ha il bambino di essere d’aiuto al nonno in maniera molto semplice, come aiutandolo ad alzarsi da una sedia oppure stimolando la sua memoria guardando delle fotografie, magari che li ritraggono insieme”.
Come comportarsi, invece, in caso di cambiamenti drastici come l’arrivo di una badante o il ricovero del nonno all’interno di una struttura?
“Occorre sottolineare al bambino l’aspetto di assistenza e utilità che queste situazioni rappresentano. Anche in questo frangente, quindi, non serve mentire: bisogna invece spiegare con semplicità che il nonno o la nonna sono malati e per questo hanno bisogno di una o più persone che li aiutino. Dopo di che bisogna portare il bambino in casa di riposo a trovare l’anziano: nella maggior parte delle strutture, se non in tutte, ci sono spazi preposti all’incontro tra i pazienti e i loro famigliari pensati proprio per essere gradevoli e rilassanti, quindi non c’è alcun rischio che il bambino rimanga traumatizzato dalla nuova situazione, che comunque gli andrà spiegata anche al suo posto con le parole adatte alla sua età”.
Redazione Peranziani.it