FUTURO è una parola che allunga la vita. «Dobbiamo pronunciare per loro parole che ricostruiscano, fare progetti con i genitori anziani è il più potente antidoto alla paura»
L’opinione di Elisa Stefanati psicoterapeuta presso casa di Cura Quisisana Ferrara
«Questa terza ondata arriva e travolge le ultime certezze. La sentenza è che non esiste un luogo sicuro e non siamo fuori pericolo. Il senso di disorientamento si carica di angoscia depressiva. Facciamo un passo indietro, il primo Lockdown ci ha confinati in casa e la paura del contagio ci ha fatto sperimentare il senso di “protezione” delle nostre dimore chiuse come casseforti. Quasi era tranquillizzante non avere contatti con l’esterno. Era il momento degli aquiloni al balcone con le frasi “andrà tutto bene”. Del lievito e del pane fatto in casa. Il muro della comfort zone non ha retto a lungo, perché la distanza ha fatto esplodere in poco tempo il bisogno di prossimità.
La prima grande interruzione di trama ha riguardato proprio il rapporto con i senior, i genitori anziani, dai quali si restava e si cerca di restare “lontano” per proteggerli dal virus. In un momento in cui regnava la paura, lasciarli soli per tutelarli, ha rappresentato una frattura “contronatura”. Lasciarli confinati, per proteggerli, suona come un ossimoro. Poi l’estate ha fatto scendere i contagi e tutti hanno sperato che l’incubo “pandemia” fosse finito, che il caldo avesse sconfitto il virus, e invece la seconda ondata ha portato la doppia caduta: la disillusione della guarigione e la nuova perdita di futuro. Ogni recidiva porta con sé oltre alla paura anche la potenza distruttiva della rabbia.
Ora la terza ondata ha aperto la porta all’angoscia depressiva che non riguarda il passato, ma il futuro, ovvero di perdere il mondo così come lo abbiamo conosciuto. Torneremo ad abbracciare i nostri cari, il nostro padre anziano? I nipoti potranno tornare a passeggiare al parco con i nonni? Quando e come? Non siamo ancora fuori dal tunnel. Mascherine a doppio e triplo filtro, distanziamento e vaccino non proteggono solo noi, ma restano l’unico scudo per proteggere i nostri cari, soprattutto chi è più fragile. E così alle difficoltà economiche, alle fatiche della DAD, ai vuoti da colmare e ai problemi affettivi si è rafforzato l’isolamento degli anziani, le preoccupazione per il futuro dei figli e la solitudine di chi, essendo fragile, deve restare al chiuso per proteggersi.
Come supportare i genitori anziani anche a distanza, anche se non possiamo vederli e abbracciarli tutti i giorni? Per prima cosa con l’ascolto ATTIVO.
Non si ascolta per rispondere, si ascolta per comprendere. L’invito è ad uno sguardo accogliente che sappia cogliere cosa si cela dietro una frase, un sospiro, uno sbadiglio. A volte li vedremo stanchi, ripeteranno più volte le stesse domande e le stesse cose, perchè l’isolamento porta anche con sé anche il deterioramento cognitivo. E’ bene comunque esserci e rispondere “eccomi, anche oggi sono qui per te”. È consigliabile mettersi nei loro panni, cambiare il punto di vista, provare a vedere con i loro occhi, ascoltare ciò che loro ascoltano e chiedere ogni giorno che cosa li preoccupa e che cosa li conforta. Per non perdere il contatto, per non perdere il progetto, e la prospettiva che ne usciremo. E’ bene rivedere le priorità ogni giorno e scegliere le cose importanti. Una telefonata ai genitori anziani dovrebbe sempre aprire e chiudere la giornata, per far sentire loro che esistono le sponde, che l’argine non è franato e che regge ancora l’onda d’urto.
Si alla reciprocità, no alle regressioni infantili.
Nel mondo degli adulti esiste lo scambio, quella reciprocità per la quale si tengono in considerazione i bisogni di tutti. Non solo i nostri. La generazione che ora viene definita dei più fragili, ovvero i genitori anziani ed i nonni è la generazione che ha cresciuto noi che scriviamo e che leggiamo articoli nel tentativo di comprendere le necessità di quella generazione che ora, se si ammala resta sola in casa, in ospedale, nelle terapie intensive senza il conforto dei figli. L’assenza di relazione non permette lo sviluppo dell’identità, e l’esercizio della ragione. L’indicazione è di rompere il loro silenzio, con una telefonata, con un pensierino recapitato alla porta di casa, con qualsiasi gesto che possa manifestare presenza, coinvolgimento, interesse. Il silenzio da assenza umana è un silenzio che non scorre, ma si accumula e va contrastato con parole e azioni che permettano di far scorrere le emozioni. Dobbiamo pronunciare per loro parole che ricostruiscano, FUTURO, ad esempio è una parola che allunga la vita!»
Redazione Peranziani.it