Quali strategie per ridurre lo stress, promuovere il benessere “oltre” la pandemia
Con la consulenza di Elisa Stefanati psicologa e psicoterapeuta presso l’ospedale privato Quisisana di Ferrara
Come stanno gli anziani dopo un anno di pandemia? Come riprenderanno le loro attività quando l’emergenza sanitaria sarà cessata? Molti studi sono in corso, per indagare la vulnerabilità psicosociale delle persone più anziane durante la pandemia.
Durante questi lunghi mesi resi complessi dall’emergenza sanitaria, le persone anziane sono andate incontro a un numero elevato di rischi per la salute dovuti a fattori sanitari, ma anche psicologici e sociali, di cui alcuni pre-esistenti, e altri di recente comparsa, anche a causa delle limitazioni all’accesso ai servizi.
Molti studi evidenziano il rischio concreto che tale situazione di maggiore “vulnerabilità” possa continuare anche dopo la fine della pandemia, aggravando l’isolamento e l’emarginazione. Più che mai opportuno, inoltre, è distinguere tra gli anziani che hanno potuto restare protetti tra le mura domestiche e quelli ospitati presso le Rsa, per i quali la situazione psicologica è stata più complessa e delicata.
Fattori di stress e fattori di protezione
La necessità di ridurre le interazioni sociali ha drammaticamente ridotto lo “spazio vitale” di molti anziani, con un impatto negativo non solo sullo stato di adattamento fisico, ma anche sul tono dell’umore e a volte, sulla tenuta cognitiva.
Nel corso dei mesi sono emersi negli anziani, sintomi come stress, ansia, sofferenza, disagio psicologico dovuto all’ interruzione repentina dei rapporti sociali, dei legami familiari, del contatto fisico. Essi sono importanti non solo per la prevenzione del declino cognitivo e del benessere fisico, ma anche per la percezione di sé ovvero di essere ancora una persona di valore e di senso per gli altri.
Ci sono anche studi che evidenziano una buona capacità di reazione degli anziani ad alcuni fattori di stress. Secondo uno studio di Psicologia dell’università della British Columbia di Vancouver, gli anziani, nonostante la maggiore vulnerabilità fisica, durante la prima fase della pandemia hanno mostrato un migliore equilibrio rispetto ai giovani, facendosi meno travolgere da ansie, stress e preoccupazioni.
Alcune ricerche pubblicate di recente dimostrano come, all’aumentare dell’età, vi sia una diversa e migliore regolazione delle emozioni e quindi una maggiore riserva di resilienza. Questo tuttavia, non significa che non vi siano anziani portatori di sofferenza, o che non abbiano mostrato in passato o non abbiano tuttora paure e preoccupazioni legate alla situazione emergenziale in corso.
Gli anziani, infatti, che ancor prima della pandemia avevano subito esperienze di perdita o lutti di figure affettivamente importanti hanno sofferto maggiormente dell’isolamento. Gli anziani che sono stati maggiormente supportati dalle famiglie, dai figli e nipoti, o dalle reti sociali aggregatesi spontaneamente, come le reti condominiali, o parrocchiali stanno resistendo meglio al protrarsi delle misure restrittive. Molti anziani, stimolati da una accresciuta necessità, hanno anche iniziato a scoprire i vantaggi che la tecnologia può portare alle loro particolari esigenze, pur di restare in contatto con i figli, i nipoti e gli amici.
Un mondo finora rimasto inesplorato che ha riservato sorprese e, in alcuni casi, ha cambiato in meglio il loro stile di vita. In ogni caso dobbiamo prepararci al post pandemia. Non sempre, infatti, le persone esprimono il malessere durante l’evento traumatico, alcuni effetti potrebbero esplodere anche dopo. In altri termini la psicopandemia può essere rappresentata da un iceberg con la parte più piccola e più visibile caratterizzata da disturbi psichici più gravi e una parte molto più vasta di malessere e disagio psicologico, meno visibile ma non meno importante.
Maggiore attenzione agli anziani ricoverati nelle RSA
Differente e certamente più complessa, è la condizione psicologica degli anziani ospiti delle RSA che hanno sofferto della sospensione delle visite dei propri cari. L’interruzione delle routine, che comprendevano anche le visite dei parenti, hanno peggiorato le condizioni di adattamento, aumentando il senso di disorientamento, solitudine e tristezza nei residenti. Un recente studio condotto dall’Università di Vercelli e pubblicato su International Journal of Environmental Research and Public Health ha messo in evidenza l’accelerazione dei processi di decadimento cognitivo nei pazienti con demenza senile a causa del lockdown.
Il senso di malessere, il vuoto e la mancanza di prospettive
Inoltre si sta teorizzando su una forma meno evidente di sofferenza psichica: l’emozione del 2021 è il “languishing” che ha il senso di languire in uno stato di malessere, caratterizzato da stagnazione, senso di vuoto, mancanza di voglia di fare e di prospettive. “È come se si guardasse la vita da un finestrino appannato, il languishing spegne le motivazioni e distrugge la capacità di concentrazione” teorizza lo psicologo Adam Grant. In via generale si può ipotizzare che il principale pericolo insito in questo status emozionale sia l’inconsapevolezza. “se non si riesce a percepire sè stessi come in un stato di sofferenza, si può scivolare lentamente nella solitudine, risultando indifferenti alla propria indifferenza. E quando non si riesce a capire che si sta soffrendo, non si può cercare aiuto né fare molto per aiutare se stessi”.
Un antidoto al “languishing” esiste. E’ necessario infatti, dare un nome a questa emozione, capire che non si tratta di una condizione che appartiene al singolo, ma che, al contrario, è un qualcosa che in molti stanno sperimentando. Per moltissimi anziani il rischio più grande è la difficoltà a poter tornare a quelle condizioni funzionali, cognitive e psico sociali precedenti la pandemia. Il fattore tempo, per gli anziani è costantemente elemento di attenzione. Per gli anziani l’idea del futuro è differente rispetto ai giovani, la vita va avanti in modo naturale giorno per giorno.
La persona anziana sa che il tempo a sua disposizione non è infinito, e così andrebbe aiutata a modificare le priorità e cerca di dare un significato al presente, attraverso attività cognitive e sociali che obblighino a ritornare attivi, a tenere la mente impegnata, a seguire attività creative, a svolgere regolare attività fisica, di volontariato, che aiutino l’anziano a sentirsi utile. Gli anziani, così come i giovani andranno aiutati a tornare a riappropriarsi di una ri-socializzazione che abbassi lo spettro della paura. E’ la mancanza di relazioni generative che amplia lo spettro della solitudine, amplificando vissuti di abbandono, paura di ammalarsi e di perdere il controllo sulla propria vita.
Come sanare le ferite della pandemia?
Un punto fondamentale, parlando di salute, in merito alla lezione appresa da questa emergenza sanitaria è capire che andrà ripensata una ri-organizzazione sociale in grado di promuovere il “capitale di salute” e non limitarsi a curare le malattie. Limitarsi a studiare il sintomo non è sufficiente, è bene prevenirlo e contrastarlo. Di qui la necessità di attrezzare, “fortificare” psicologicamente gli individui e la comunità. Dopo un anno di convivenza con il virus, le nuove ondate hanno provocato sconforto e aumentato la fragilità e aumentato la fragilità degli anziani e nonostante l’inizio della campagna vaccinale è sempre importante rimanere al fianco e supportare questa fascia di popolazione.
Nel prossimo futuro sarà importante rafforzare i contesti di ascolto, comprensione e cambiamento per intercettare i segnali di disagio ed i bisogni della popolazione dai giovani nelle scuole, agli anziani, potenziando i presidi ed i servizi sul territorio dove l’azione per calmare e superare la sofferenza psicologica è parte di un obiettivo di potenziamento delle capacità e delle risorse individuali. Come possiamo contrastare questa assenza di gioia, questa stasi, dunque? In inglese, c’è la parola “flow”, “flusso”/“fluire”, che potrebbe essere proprio l’arma giusta contro l’emozione che spinge le persone a “languire” ovvero a smettere di progettare il futuro.
Paura e stagnazione si possono contrastare anche con il fare, la creatività come antidoto al pensiero ansioso. Con questo termine “flow” si intende quello stato di abbandono che si sperimenta quando si è completamente assorbiti da qualcosa, quel momento in cui si perde la cognizione del tempo, dello spazio. Qualsiasi attività che porti a concentrare la mente verso qualcosa di nuovo, riattiva le mappe cognitive, svelando quel magico potere di trasportarci via. E di salvarci, seppure per un momento, dalla negatività, dalla paura, dall’isolamento e dalla sensazione di sentirsi in pericolo.
Redazione Peranziani.it