Tra le emergenze che può ritrovarsi ad affrontare un familiare impegnato nell’assistenza a un anziano c’è anche l’ipocondria, ovvero la tendenza del soggetto a “inventarsi” sempre nuovi disturbi di salute oppure esagerare quelli esistenti. Per capire come affrontare la situazione, abbiamo chiesto la consulenza della dottoressa Laura Rivolta, psicologa e psicoterapeuta a Rho (Milano).
Dottoressa Rivolta, cosa fa nascere questi comportamenti ipocondriaci nell’anziano?
“Per prima cosa, va considerato che l’ipocondria non è la manifestazione di una preoccupazione del tutto irrazionale, ma al contrario una presa di coscienza – per quanto amplificata fino all’esagerazione – dei nostri limiti funzionali che crescono con il passare degli anni. A volte la radice risale al passato, addirittura all’infanzia: parliamo quindi di genitori ipocondriaci o iperprotettivi, ansiogeni, che hanno trasmesso al soggetto in questione una profonda angoscia verso il proprio stato di salute, con il problema che si ripresenta così nella terza età per i suddetti motivi dopo una quiescenza temporanea. In altri casi, invece, lo sviluppo dell’ipocondria è direttamente collegata all’invecchiamento e sono queste le situazioni più complesse, poiché spesso derivano da una forma di depressione e ansia, magari non diagnosticata. Mettere in continuo allarme il caregiver con immaginari problemi di salute diviene così un modo per richiamare l’attenzione e trasformarsi nel centro della realtà circostante”.
Come si devono allora comportare i familiari coinvolti nell’assistenza all’anziano?
“Di fronte a un eventuale e reale problema di salute, è naturale allarmarsi e ricorrere all’aiuto di un medico. Ma assecondare continuamente il desiderio dell’anziano di sottoporsi a controlli medici vorrebbe dire allearsi con la sua parte malata. Bisogna allora cercare di far comprendere all’anziano che non vi è alcun problema, mettendolo davanti all’evidenza dei fatti, e che l’intervento di uno specialista non è necessario. Il tutto, ovviamente, senza perdere la pazienza e senza mai sottolineare la natura ipocondriaca di certi atteggiamenti, perché significherebbe comunque porre l’accento su un problema e generare nuova ansia”.
Non è però sempre facile riuscirci, proprio perché la persona è vittima delle sue suggestioni e quindi tende a negare la realtà…
“Verissimo. Per questo può essere utile l’aiuto di uno psicologo, il cui intervento può essere suggerito all’anziano in difficoltà puntando su altri fattori, come per esempio proprio la possibilità di avere un aiuto in più per affrontare lo stress suscitato dalle preoccupazioni per il suo stato di salute. Nei caregiver c’è spesso la radicata convinzione che il familiare assistito non possa assolutamente modificare il suo punto di vista ed i suoi comportamenti. Invece l’anziano può cambiare e chi se ne prende cura deve avere assoluta fiducia in questa possibilità, adottando anche qualche piccolo trucco nel quotidiano per gratificare il bisogno di attenzione senza però caderne vittima. Per esempio, se l’anziano mostra notevole stanchezza dopo una lunga passeggiata e per questo inizia a preoccuparsi in maniera esasperata, è possibile proporgli una passeggiata più breve ma altrettanto godibile, per dargli prova del fatto che non serve ricorrere al medico per trarre giovamento dal camminare, ma è sufficiente ridimensionare la durata delle uscite. In questo modo l’anziano si sentirà compreso e accudito e avrà modo di rassicurarsi, vedendo che esiste soluzione al problema”.
Redazione Peranziani.it