La bradicinesia è un segno cardine della malattia di Parkinson che contribuisce alla diagnosi di malattia insieme al tremore a riposo e alla rigidità.
Bradicinesia: quali i sintomi
“Per bradicinesia – spiega il Prof. Massimo Filippi, Professore Ordinario di Neurologia, Direttore, Scuola di Specialità di Neurologia, Direttore, Unità di Neuroimaging Quantitativo, INSPE, Divisione di Neuroscienze Ospedale San Raffaele – si intende la progressiva riduzione della velocità e/o dell’ampiezza del movimento con la ripetizione di un gesto. Il fenomeno della bradicinesia si manifesta tipicamente ai quattro arti, per esempio alla richiesta di aprire e chiudere le dita della mano velocemente o di tamburellare a terra con la punta del piede. La riduzione della velocità e dell’ampiezza del movimento si riflette in un cammino lento e caratterizzato da riduzione dell’ampiezza del passo, postura camptocormica (tronco flesso in avanti), ridotto pendolarismo delle braccia e difficoltà nelle rotazioni del tronco. La bradicinesia può anche manifestarsi con la difficoltà nell’iniziare o nel proseguire il movimento, fino ad arrivare a veri e propri episodi di blocco motorio”.
Una tipica manifestazione di blocco motorio durante il cammino è il cosiddetto “freezing of gait”, ossia la sensazione di avere i piedi incollati al pavimento. La bradicinesia può anche impattare sulla capacità di girarsi nel letto, alzarsi da una sedia, sulla destrezza manuale o sulla capacità espressiva del viso, definendo la cosiddetta “facies ipomimica”. Bradicinesia e rigidità inoltre determinano una ridotta capacità di reagire alle destabilizzazioni riducendo così la stabilità posturale. Questo può determinare un aumento del rischio di caduta.
La bradicinesia può essere dovuta all’alterazione del funzionamento di alcuni circuiti cerebrali deputati all’automatismo del movimento.
Bradicinesia: che fare
“Come si può intervenire? Certamente – continua il Prof. Filippi – la terapia farmacologica gioca un ruolo chiave nella riduzione della bradicinesia. Inoltre, l’utilizzo di stimoli esterni uditivi e visivi (definiti “cues”) può migliorare l’esecuzione del gesto motorio, riducendo la necessità di programmare internamente il movimento. Un adeguato percorso fisioterapico è fondamentale al fine di trovare la strategia più adatta per migliorare l’attivazione muscolare, l’ampiezza e la velocità del movimento, le reazioni posturali e la capacità di eseguire sequenze motorie complesse”.
Redazione Peranziani.it