Clownterapia per gli anziani in ospedale: l’esperienza del “Gemelli” di Roma

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27 Marzo 2018

Quando si parla di clown in ospedale il pensiero va immediatamente a Patch Adams e alla sua “terapia del sorriso”, creata nei primi anni Settanta negli Stati Uniti e celebrata da un film di grande successo uscito giusto vent’anni fa. Da allora sempre più “nasini rossi” hanno allietato i bambini in ospedale, spesso lungodegenti. La novità è che un esperimento di clownterapia è in atto anche nel reparto di geriatria del Policlinico Gemelli di Roma grazie ai professionisti di Soccorso Clown, tutti i giovedì pomeriggio, cui si sommano i volontari della Onlus Sorrisi Gemelli, studenti di medicina che di sabato pomeriggio si dedicano ai pazienti del reparto.

L’impulso da due fratelli russi

L’idea di formare una serie di clown ospedalieri in Italia è venuta a due fratelli russi trasferitisi in America, Yury e Vladimir Olshansky, attori teatrali e di circo formatisi negli anni Ottanta presso l’Unità Sanitaria di Clown di New York. Nel 1995 furono chiamati a Firenze dall’Ospedale Meyer per lavorare sui bambini e da allora sono rimasti nel nostro Paese, dando vita una cooperativa sociale per la quale oggi operano, tra Firenze e Roma, 45 addetti da loro formati e specializzati, con interventi anche sugli anziani. Il loro lavoro si svolge in associazione con altri 15 realtà ospedaliere nel mondo, con la Scozia che risulta la realtà più all’avanguardia nel campo della clownterapia.

Come funziona il lavoro con gli anziani 

“I clown ospedalieri”, racconta Yury Olshansky, direttore generale della cooperativa sociale Soccorso Clown, “intervengono con la massima discrezione nel reparto di Geriatria, svolgendo il loro compito solo se il paziente è disponibile ad accoglierli e a interagire con loro. Lavorano sempre in due, un uomo e una donna, per avere sotto controllo la situazione, perché in ogni stanza ci sono due o tre degenti, magari con parenti più o meno collaborativi. Il loro compito è creare un momento di attenzione, di discontinuità rispetto al ricovero, attraverso la musica o il canto, talvolta anche il ballo. A volte basta un fazzoletto colorato che attiri l’attenzione per stimolare l’anziano. Anche il contatto con la mano, sempre discreto, produce effetti positivi. Spesso i degenti non parlano ma seguono le azioni dei clown, ripagati spesso e con piacere da un sorriso e un grazie. Ci si ferma in ogni stanza mai più di dieci minuti, con lo spettacolo che si prolunga sino a venti minuti solo nei salottini in cui sostano i pazienti che possono camminare e i loro parenti. Di fatto i clown diventano figure familiari del reparto, così spesso anche i degenti con deficit cognitivi li riconoscono. Il problema è che gli interventi dovrebbero poter essere più frequenti”. L’intervento professionale, pur modestamente remunerato, implica infatti dei costi: per la Geriatria del Gemelli sta provvedendo Unicredit, che ha deciso di finanziare gli interventi per un triennio, ma comunque con dei limiti di intervento.  

Il positivo giudizio di medici e infermieri

“Sapevamo della qualità degli interventi di Soccorso Clown”, racconta il professor Francesco Landi, primario di Geriatria Riabilitativa e Ortogeriatria al Policlinico Gemelli, “ma i risultati sono superiori alle attese, anche perché non c’è mai stato un problema, una lamentela, il loro lavoro non ha controindicazioni”. Positivo anche il parere del caposala del reparto, Lucio Catalano, che era prevenuto e diffidente: “Mi sono dovuto ricredere, sono bravissimi. Da noi ci sono pazienti che provengono dalla terapia intensiva, o dal Pronto Soccorso, reduci da fratture di femore, con ictus, tumori. Non pochi hanno deficit cognitivo, con problemi spazio temporali. Con i clown c’è la massima collaborazione, li considero un valore aggiunto per l’assistenza ai pazienti della nostra struttura”.

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