Diagnosi corretta ed intervento terapeutico adeguato: combattere il Parkinson non è una sfida impossibile

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7 Luglio 2020

Una malattia che fa tanta paura, che colpisce in maniera subdola e sempre più frequente. Stiamo parlando del Morbo di Parkinson una della patologie più difficili da affrontare soprattutto per gli anziani. Malattia di cui però conosciamo tanto al punto da potere ormai frenare, rallentare.

Definizione ed incidenza della patologia

“La Malattia di Parkinson – spiega la dottoressa Roberta Ravenni, Neurologo, Neurofisiologo clinico, Membro del Board scientifico sulla tossina botulinica e Specialista in disturbi del movimento (MDS). Master di II ° livello presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Disturbi Neurodegenerativi e del Movimento. Responsabile dell’ Alta Professionalità in Neurofisiologia Clinica Azienda ULSS 5 Rovigo – è la più comune fra i “parkinsonismi”, un gruppo di malattie neurologiche che presenta disturbi del movimento simil-parkinsoniani, come ad esempio la rigidità, la lentezza ed il tremore. Si stima che circa 6 milioni di Persone in tutto il Mondo – spiega la dott.ssa Roberta Ravenni –  siano affette da malattia di Parkinson e si prevede che, a causa dell’aumento dell’età media della popolazione, questo numero sia destinato ad aumentare”.
D’altra parte studi di tipo anatomo-patologico eseguiti sia in UK che in Canada, hanno dimostrato che la diagnosi di Malattia di Parkinson è sbagliata nel 25% dei pazienti e che questo 25% di pazienti era affetto da altre patologie, come ad esempio “tremore essenziale”, “parkinsonismi vascolari” o “sindromi parkinsoniane atipiche”. L’accuratezza diagnostica dovuta all’aumento delle conoscenze in ambito di disordini del movimento e nelle unità operative ad essi deputate, è significativamente aumentata negli ultimi anni, a dispetto della grande eterogeneità clinica di presentazione delle malattie.

La Diagnosi

Nel percorso diagnostico gli specialisti neurologi hanno la possibilità di utilizzare numerosi test, a partire da quelli più semplici come il test dell’olfatto, a quelli più impegnativi come la RMN e la SPECT – DAT SCAN (tomografia ad emissione di singoli fotoni). Ovviamente i referti delle indagini strumentali devono essere sempre incrociati e comparati con la valutazione clinica. Non meno interessanti gli studi genetici che in epoca più recente hanno permesso di individuare le forme di malattia a carattere familiare, soprattutto nei soggetti più giovani.

Sintomi e campanelli d’allarme e diagnosi differenziale

“Dal punto di vista clinico – prosegue la Dott.ssa Ravenni – esistono forme con un andamento progressivo abbastanza rapido, mentre in altri pazienti la malattia si sviluppa con disabilità molto lieve e progressione lenta. Oggigiorno si è soliti distinguere i cosiddetti “sintomi motori”, rappresentati essenzialmente da tremore, rigidità e rallentamento dei movimenti, e “sintomi non motori”, alcuni dei quali possono presentarsi molti anni prima (anche dieci anni) dell’esordio della sintomatologia motoria. Uno di questi, ad esempio, è la riduzione o la scomparsa dell’olfatto. In questa categoria possiamo anche comprendere disturbi del sonno REM (in termine tecnico REM Sleep Behaviour Disorders) o la più banale costipazione. Fra i sintomi non motori che intervengono nelle fasi più avanzate della malattia di solito si descrivono vari gradi di demenza e disturbi del sistema nervoso vegetativo.
Nel momento in cui ci si approccia ad un paziente con sintomi simil-parkinsoniani, la raccolta della storia clinica (anamnesi), sia dal punto di vista personale che familiare è di fondamentale importanza. Non solo, l’anamnesi farmacologica è necessaria per poter eventualmente porre diagnosi differenziale con le forme di parkinsonismo di tipo jatrogeno (ossia attribuibile, in via diretta o indiretta, a intervento farmacologico pregresso). Senza entrare nei particolari, è bene tuttavia ricordare quali sono le patologie che si inseriscono nell’ambito del capitolo dei Parkinsonismi e che devono essere messe in diagnosi differenziale con la Malattia di Parkinson: Tremore Essenziale, Parkinsonismo Vascolare, Lewy-Body Disease (una forma di demenza), Paralisi Sopranucleare Progressiva, Atrofia Multisistemica, Degenerazione Corticobasale, altri parkinsonismi secondari, come appunto i parkinsonismi indotti da farmaci quali gli antipsicotici (soprattutto tipici) ed antiemetici. Questi farmaci, attraverso il loro meccanismo di azione antidopaminergico, se vengono assunti per lunghi periodi possono indurre una sindrome parkinsoniana anche piuttosto grave.

Terapie e trattamento

“L’approccio farmacologico è, purtroppo, sintomatico. Ciò significa – aggiunge Roberta Ravenni – che cerchiamo di trattare e contenere l’espressione dei sintomi della malattia, dal momento che una terapia, ossia un farmaco che possa cambiare la storia naturale della malattia, non è ad oggi conosciuto. Tuttavia, il crescente numero di principi attivi che negli anni sono stati immessi sul mercato e che possiamo utilizzare, insieme alle metodiche più invasive quali quelle chirurgiche (es DBS), ci consentono di avere la meglio sui sintomi della malattia per molti anni, permettendo ai pazienti una qualità di vita buona e talora, ottima. Tengo a sottolineare però, che i farmaci non sono e non devono essere la sola strategia di attacco per combattere la Malattia di Parkinson. E’ stato dimostrato che il cambiamento di alcune abitudini di vita, come la cura dell’igiene del sonno, l’attività fisica, una dieta adeguata, il mantenimento della vita sociale di relazione ed una adeguata stimolazione cognitiva ottengono, sul medio e lungo raggio, risultati paragonabili a quelli ottenuti con la terapie farmacologiche.
Combattere il Parkinson non è impossibile. Curarlo purtroppo ancora no. Ma, una volta effettuata una diagnosi corretta (alla base di qualunque successivo intervento terapeutico), le frecce al nostro arco sono molte e possiamo utilizzarle in maniera da raggiungere una ottima qualità della vita”.

“La raccomandazione – conclude la dottoressa Ravenni – è quella di rivolgersi sempre a medici neurologi che siano specializzati ed abbiano esperienza nella diagnosi e nella cura dei disordini del Movimento e della Malattia di Parkinson, al fine di ottenere la maggiore accuratezza diagnostica possibile ed un approccio terapeutico adeguato ed al passo con le recenti acquisizioni in materia di terapia, farmacologica e non”.

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