Come gestire il rapporto con la badante durante la Pandemia da Covid

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31 Marzo 2021

Sono centinaia, forse migliaia le famiglie che in questo periodo di Pandemia si sono posti la seguente domanda: cosa devo fare con la badante mia o di um mio caro? Il Covid infatti ha cambiato l’approccio del rapporto tra un soggetto e la propria badante, fondamentalmente per due motivi.
Il primo un semplice motivo di sicurezza. Sono molte infatti le incognite ed i dubbi che attanagliano i caregiver di un anziano in difficoltà ed in stato di necessità. Una badante infatti è pur sempre una persona esterna alla famiglia che entra nelle nostre case, con tutte le incertezze del caso.
La seconda è che, con il massiccio ausilio dello smartworking molte persone rimangono a casa e questo di fatto rende spesso inutile l’ausilio di un esterno per la gestione di un anziano.
Sono molti per questo i soggetti che si sono rivolti alle associazioni di categoria per chiedere chiarimenti.
Elettra Freda, Consulente del lavoro e responsabile di Colfacile, ha spiegato che «ad oggi non sussiste un divieto di prestazione lavorativa, il collaboratore domestico può continuare a lavorare presso l’abitazione della famiglia per cui presta servizio, come è stato confermato anche nel DPCM del 22 Marzo 2020 e successivi. Nella tabella delle attività escluse dallo stop infatti, figura il codice Ateco 97, che include tutti i datori di lavoro domestico. Tuttavia, il Governo ha suggerito di sospendere l’attività, salvo casi eccezionali, come atto di responsabilità e per dare attuazione alle disposizioni introdotte».
Le strade da seguire sono fondamentalmente tre:

Il Lavoro continua

Se in famiglia le persone continuano a lavorare e lo stato di necessità dell’anziano da assistere prosegue, anzi forse è ancora più pressante vanno rispettate anche per colf e badanti tutte le norme di sicurezza previste dai vari Dpcm del Governo.
Il Datore di Lavoro deve fornire tutto il materiale sanitario necessario: mascherine, guanti, disinfettanti cercando di sanificare quotidianamente il luogo di lavoro.
Inoltre va fornito al dipendente il documento di autocertificazione necessario al dipendente per lo spostamento casa-lavoro

Il Lavoro viene interrotto

Ammettiamo invece che la famiglia scelga di sospendere momentaneamente la collaborazione si aprono diverse possibilità.
La prima è che, malgrado la sospensione, il caregiver decide di continuare a pagare il proprio dipendente, per mantenere per alcuni mesi il rapporto comunque attivo prima del ritorno alla normalità.
La seconda possibilità è quella, tra l’altro consigliata dal Governo stesso, è quella di far fruire ferie e permessi maturati o ancora da maturare al proprio dipendente che, così, continuerà a percepire la sua retribuzione grazie a questi due istituti, maturando i contributi previsti.
In terza ipotesi il datore di lavoro può optare per una sospensione del rapporto utilizzando l’anticipazione di una quota del Tfr. Questo permette al datore di evitare il pagamento completo della retribuzione e dei contributi Inps. La sospensione va inoltrata all’Inps.
In questi due casi di sospensione prima di procedere il cargevier deve inoltrare al lavoratore una lettera scritta al proprio dipendente in cui si spieghi e comunichi l’accordo preso tra le due parti. A quel punto il collaboratore dovrà rispondere via testuale, mail o con sms per confermare la presa visione della comunicazione e dare il suo Ok.

Licenziamento

L’unica strada prevista per il licenziamento del personale domestico è utilizzabile se è lo stesso dipendente a rifiutarsi unilateralmente di presentarsi al lavoro (anche se per motivi sanitari). Il settore del lavoro domestico infatti è escluso dall’attuale normativa vigente in tema di licenziamenti soprattutto se si tratta di situazioni ritenute «essenziali” legate cioè all’assistenza di anziani malati e bisognosi o bambini. La scelta quindi di non presentarsi al lavoro è da ritenersi come assenza ingiustificata.

Malattia

Se è il badante a presentare un certificato medico di malattia la procedura da seguire per il Covid è identica a quella di ogni altra patologia. Il datore di lavoro deve quindi ricevere il certificato ed i giorni di assenza saranno indennizzati come malattia. Inutile aggiungere che il ritorno al lavoro per un malato di Covid avviene solo dopo che l’Ats di riferimento ha certificato e registrato il superamento della malattia e del rischio contagio.
Al lavoratore spetta la retribuzione per un massimo di 8 (per anzianità fino a 6 mesi), 10 (per anzianità da più di 6 mesi a 2 anni), 15 (per anzianità oltre i 2 anni) giorni. Fino al 3° giorno gli spetta il 50% della retribuzione, e dal 4° giorno in poi, il 100% della retribuzione.
Si ricorda inoltre che il collaboratore domestico ha diritto alla conservazione del posto durante il periodo di malattia, che varia in base all’anzianità di servizio. Per anzianità fino a 6 mesi, 10 giorni, per anzianità da 6 mesi a 2 anni, 45 giorni, e per anzianità oltre i 2 anni, 180 giorni di calendario.

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