Comunicare o no un lutto a un anziano con demenza senile?

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19 Marzo 2018

Nell’anziano affetto da una forma di demenza senile ogni notizia, soprattutto se negativa, può provocare uno stato d’ansia difficile da gestire. In particolare, la comunicazione di un lutto o comunque di un evento altamente drammatico va trattata con estrema attenzione da parte del caregiver, considerando non solo il momento in cui comunicarla, ma anche e soprattutto l’opportunità di farlo oppure no. “Accessibilità e gradualità: sono queste le due parole-chiave da tenere ben presenti in questi casi”, avverte la dottoressa Laura Rivolta, psicologa e psicoterapeuta a Milano. Con la sua consulenza, analizziamo allora le diverse possibili situazioni.

Quando è bene tacere

Il primo, difficile ostacolo che il caregiver deve affrontare nel comunicare con un anziano colpito da un deficit cognitivo è quello di superare i sensi di colpa quando si trova costretto a “mentire”, omettendo un’informazione perché per lui dannosa o comunque fonte di disagio. “E’ fondamentale liberarsi di questo stato d’animo”, prosegue la psicologa. “Benché la sensazione di mentire nel momento in cui si omette un evento tragico, come la morte di un famigliare o di un caro amico, sia del tutto comprensibile, è necessario capire che non sempre quella che ai nostri occhi è un’informazione importantissima è al contempo accessibile all’anziano. Magari anche solo perché potrebbe non avere un nitido ricordo della persona della quale stiamo parlando, anche se magari è stata in passato a lui molto vicina”. 

Il primissimo passo verso la comunicazione di una cattiva notizia è dunque valutarne appunto l’accessibilità. “Il consiglio è quello di menzionare all’anziano la persona che è venuta a mancare o che è stata colpita da un evento negativo e comprendere se il suo ricordo è ancora vivido nella memoria o meno. In alcuni casi, tale ricordo potrebbe però anche essere legato a un’epoca lontana e quindi a un’altra età del soggetto in causa: tutte eventualità che rendono inutili o controproducenti le informazioni che si stanno per dare. Un altro caso in cui soprassedere è quello in cui il ricordo della persona è ancora vivo, ma non c’è un reale contatto: se per esempio l’anziano parla di un suo amico con frequenza, ma non lo vede da tempo e non sono soliti comunicare in alcun modo, annunciare all’anziano la sua morte sarebbe anche in questo caso solo destabilizzante e dunque da evitare”. 

Quando (e come) va data la notizia

Diverso ovviamente il contesto in cui l’amico o il famigliare deceduto, o colpito da una seria malattia, è stato sempre ben presente nella vita dell’anziano. Sarà allora lui stesso a porre delle domande e a chiedersi il perché di questo improvviso abbandono, specie se avvenuto in modo repentino, senza cioè un diradarsi delle visite o delle comunicazioni telefoniche. “In questo caso, anche se il nostro caro ha un deficit cognitivo, è comunque in grado di ‘fotografare’ la realtà e quindi non è pensabile tacere la notizia”, afferma la dottoressa Laura Rivolta. “Tuttavia, è fondamentale raggiungere la verità in maniera graduale, raccontando ad esempio che il famigliare o l’amico non si sta facendo vedere perché sta male ed è in ospedale a curarsi. Solo dopo aver per così dire ‘abituato’ l’anziano a una possibile separazione, si può renderlo partecipe del lutto, ma non prima di aver consultato i medici e gli eventuali operatori sanitari che lo assistono e che possono anche fornire un valido supporto al momento di riferire la cosa”.

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