Uno dei principali problemi per i malati di Alzheimer, soprattutto per gli anziani, sono le difficoltà nel comunicare. Comunicare infatti crea disagi personali molto profondi, che vanno ben oltre la capacità di “parlare”; non essere in grado di comunicare, o farlo in maniera sempre meno efficace, porta inevitabilmente il malato all'isolamento, alla depressione e alla chiusura in se stesso.
Quando si parla di comunicazione poi, bisogna capire bene alcune cose. Secondo studi scientifici sulla “Non verbal Communication” del Prof. Albert Mehrabian, quando parliamo la comprensione del nostro messaggio viene coperta solo per l'8% della “parte verbale” (cioè dalla parola), per il 38% dalla parte “para-verbale” (il tono, il volume della voce e la velocità con cui si parla) mentre per ben il 54% della parte non verbale.
Sia chiaro, questo non significa che la parola non sia importante, ma spiega come ci siano modi per comunicare anche senza l'utilizzo del normale lessico quotidiano.
“Il paziente affetto da Alzheimer – spiega la dott.ssa Emanuela Napoli, psicologa ed esperta dell'età evolutiva – va incontro ad un deterioramento delle funzioni cognitive necessarie per trovare nuovi adattamenti ai cambiamenti di vita che la malattia stessa comporta. Il sostegno sociale e le relazioni interpersonali sono una risorsa fondamentale poiché funzionerebbero come una sorta di ammortizzatore, una protezione contro lo stress percepito e gli effetti negativi legati alla condizione clinica, favorendo di conseguenza il benessere fisico, psichico e un miglior adattamento all’ambiente. Quando si vive una situazione prolungata di isolamento, infatti, si sviluppano aggressività, paura, reazioni spropositate agli imprevisti e ipersensibilità agli stimoli. Si vive cioè in un costante stato di allerta che aumenterà o accelererà il rischio di declino delle capacità cognitive.”
Cos'è la comunicazione “non verbale”
Per “comunicazione non verbale” si intende tutta la massa di gesti che possiamo compiere con il nostro corpo per comunicare e mandare messaggi. Siano queste carezze, abbracci, strette di mano, oltre a semplici gesti universalmente riconosciuti per il loro significato. Si tratta di una parte della comunicazione molto importante, anche dal punto di vista medico. Il malato di Alzheimer infatti riesce a mantenere attiva la parte di comunicazione non verbale mentre perde molto prima e molto rapidamente quella “tradizionale”.
Come tutte le cose anche la comunicazione non verbale necessita di allenamenti per mantenersi viva ed utile. Ma ci sono anche alcuni consigli preziosi per poterne sfruttare al meglio le potenzialità.
Comunicazione “non verbale”: cosa fare
Il consiglio, ancor prima di cominciare, è quello di creare un ambiente familiare, accogliente, rasserenante. Questo aiuta molto a stemperare la tensione e a creare un clima di apertura tra la persona ed il malato. Cercare quindi un posto ben illuminato, meglio se c'è il sole. Evitare poi locali rumorosi (spegnere quindi il televisore, le radio o altri elettrodomestici eventualmente presenti).
Anche la postura è importante. Mettersi quindi seduti, vicino all'altra persona senza incrociare le braccia o le gambe. Sono posizioni viste come di chiusura verso l'altra persona.
Evitare di usare il telefonino, meglio quindi spegnerlo, perchè potrebbe da una parte distrarre l'interlocutore e dall'altra fargli credere che i primi distratti in realtà siamo noi.
Quando si comincia poi è bene avere un contatto fisico. Basta ad esempio mettere una mano sulla spalla o sulla gamba. Un tocco, una carezza sono più che sufficienti in una fase iniziale. Si può anche arrivare ad abbracciare il malato durante il dialogo, ma senza esagerare. Si rischia infatti di essere eccessivi e fastidiosi.
Guardare sempre negli occhi la persona con cui stiamo comunicando. Questa dovrebbe essere una regola valida sempre, in qualsiasi tipo di comunicazione. Lo è ancor di più quando si ha a che fare con persone in difficoltà, come il caso dei malati di Alzheimer.
Gesticolare poi è fondamentale. Una cosa che agli italiani riesce bene “naturalmente”. Anche in questo caso cercare di fare gesti chiari, mai troppo rapidi che possano in qualche maniera spaventare chi abbiamo davanti.
Soprattutto fare molta attenzione alla comunicazione para-verbale. Parliamo cioè lentamente con un volume normale, rassicurante, senza usare toni perentori e duri, ma amichevoli e rassicuranti.
Nb. Inutile dire che tutto questo richiede affetto, vero, reale. Le bugie, nella comunicazione non verbale sono molto più facili da riconoscere. Quando parlate utilizzando questo linguaggio non convenzionale dovete farlo davvero con il cuore.
Redazione Peranziani.it