Uno studio tutto italiano, coordinato dall‘IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e pubblicato sull’autorevole rivista The Lancet Gastroenterology & Hepatology, ha fatto emergere dati interessanti per un diverso e più efficace trattamento del tumore del pancreas, che colpisce ogni anno in Italia più di 13 mila persone, per la stragrande maggioranza anziani, risultando anche tra le 5 forme oncologiche più frequenti nelle donne di oltre 75 anni. “E’ purtroppo anche uno dei tumori più aggressivi”, aggiunge il dottor Michele Reni, oncologo dell’IRCCS Ospedale San Raffaele e primo autore della ricerca, “e viene di solito affrontato prima con un’asportazione chirurgica e solo in seguito con la somministrazione di farmaci chemioterapici, alla quale segue di solito un altro provante intervento per il paziente. Al contrario, lo studio condotto dalla nostra équipe ha dimostrato che il ricorso alla chemioterapia neoadiuvante, cioè eseguita prima della rimozione del tessuto malato, limita la chirurgia a un solo intervento e soprattutto aumenta notevolmente la sopravvivenza dei pazienti e la loro qualità di vita”.
Come si è sviluppato lo studio
I medici dell’Unità di Chirurgia del pancreas e dell’Unità di Oncologia medica dell’IRCCS Ospedale San Raffaele hanno preso in esame 88 pazienti, di età media tra i 64 e i 68 anni, suddividendoli in tre gruppi. Quelli inseriti nei primi due sono stati sottoposti immediatamente alla rimozione del tessuto malato e solo in seguito alla somministrazioni di 6 cicli chemioterapici, i primi con un unico farmaco, seguendo l’attuale terapia standard, e i secondi con un nuovo cocktail di quattro farmaci. I pazienti appartenenti al terzo gruppo, invece, sono stati prima trattati con 3 cicli di chemioterapia neoadiuvante con il nuovo cocktail di quattro farmaci, quindi sono stati sottoposti all’intervento chirurgico e infine hanno seguito altri 3 cicli chemioterapici.
“In quest’ultimo gruppo la sopravvivenza dei pazienti a cinque anni dall’intervento è aumentata notevolmente: il doppio rispetto al secondo gruppo e il quadruplo rispetto al primo gruppo”, rivela il dottor Michele Reni. “Infatti, i pazienti trattati prima dell’intervento con il cocktail di farmaci hanno mostrato una sopravvivenza a cinque anni dall’intervento nel 49% dei casi, percentuale che scende al 24% nel caso dei pazienti trattati con il medesimo cocktail di farmaci solo dopo la rimozione dei tessuti e al 13% nei pazienti trattati seguendo la prassi considerata standard. Anche se il nostro lavoro non è sufficientemente ampio per dare certezze assolute sul trattamento del tumore del pancreas, con i suoi dati percentuali suggerisce tuttavia in maniera molto forte la necessità di rivedere le procedure sinora adottate dalla medicina per impostare un percorso di cura più efficace”.
Ora serve una seconda ricerca (anche con gli “over 75”)
Per confermare la validità dei primi dati raccolti e arrivare a definire una nuova prassi per il trattamento del tumore al pancreas, i ricercatori stanno già organizzando un secondo studio condotto in collaborazione con altri Centri e con il triplo dei pazienti coinvolti. “Inoltre, ci sarebbe la possibilità di seguire anche pazienti con più di 75 anni, così da avere conferme anche e soprattutto nella fascia più anziana del vantaggio di sottoporsi prima a un trattamento chemioterapico e solo in seguito a un’operazione dal lungo e faticoso decorso post-operatorio. Ci sono già 9 ospedali italiani (l’elenco in fondo all’articolo*, ndr) fortemente interessati a tale progetto e abbiamo contatti anche con Centri spagnoli, austriaci e canadesi”, racconta il dottor Michele Reni. “Trattandosi di uno studio indipendente, l’ostacolo principale sta però nel reperimento dei fondi: se venissero procurati, la ricerca potrebbe iniziare già il prossimo anno a livello nazionale o addirittura internazionale”. E arrivare a stabilire nuove e più efficaci linee-guida significherebbe aumentare la sopravvivenza e migliorare la qualità della vita di tantissime persone, considerando che l’incidenza del tumore del pancreas nel nostro Paese è aumentata del 59% in 15 anni, passando dagli 8.602 casi registrati nel 2002 ai circa 13.700 del 2017.
* Centri italiani interessati a proseguire la ricerca: Ospedale San Raffaele di Milano (promotore dell’iniziativa); ICH Humanitas di Milano; Spedali Civili di Brescia; Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo; Ospedale Mauriziano di Torino; Arcispedale di Reggio Emilia; Ospedale Sant’Orsola-Malpighi di Bologna; Istituto Oncologico Romagnolo di Meldola (Forlì); Ospedale Careggi di Firenze.
Redazione Peranziani.it