Parkinson: cos’è la scialorrea e come si cura

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31 Marzo 2019

E’ una delle patologie o delle conseguenze legate al Parkinson più fastidiose, soprattutto per gli anziani. Stiamo parlando della scialorrea, cioè dell’eccessiva produzione di saliva. Un disturbo che, se da punto di vista medico non ha di per se grosse conseguenze, le ha dal punto di vista sociale e personale. Spesso infatti, la scialorrea porta con se una buona dose di vergogna che spinge gli anziani, o chi ne soffre, ad isolarsi

Cos’è la scialorrea

La saliva è prodotta dalla ghiandole salivari eccrine (parotidi, sottolinguali, sottomandibolari e quelle attorno al cavo faringeo) che sono innervate da nervi cranici. Normalmente si produce 1 litro e mezzo di saliva al giorno ed ogni minuto deglutiamo dalle 12 alle 20 volte. Ci sono però dei casi (infezione del cavo orale, assunzione di farmaci, gravidanza e disturbi neurologici) in cui la produzione di saliva viene alterata. Si tratta di un sintomo di diverse patologie, tra cui quella del Parkinson, chiamato appunto scialorrea, in grado di provocare complicazioni soprattutto psico-sociali. Oltre all’eccessiva salivazione dovuta ad un’alterazione del sistema nervoso centrale, nei malati di Parkinson, si aggiunge la difficoltà nella deglutizione per cui si ha una permanenza più importante di saliva nella bocca con rischio di infezioni dovute alla macerazione della mucosa.

Come si cura la scialorrea

Da quattro anni è stato avviato un progetto di ricerca al Nuovo Cutroni – Zodda alle porte di Messina guidato dal Neurofisiatra Giuseppe Quattrocchi.
“La vera novità – spiega il Professore – è il trattamento della scialorrea con la tossina botulinica di tipo A  che viene iniettata nelle ghiandole sottolinguali e parotidi. All’inizio della ricerca il dosaggio era lo stesso per ogni paziente e questo portava spesso ad un eccessiva secchezza delle fauci; da un anno e mezzo, invece, ci siamo resi conto che per ottenere risultati ottimali bisogna dosare la tossina in base a quanta saliva viene prodotta e deglutita dal soggetto trattato”.
“Dopo 10 giorni – prosegue il professor Quattrocchi – si può già fare una valutazione dei risultati per andare, eventualmente, a modificare il dosaggio, ma solitamente è sufficiente una sola iniezione indolore per un risultato che dura 5/6 mesi. Una svolta non solo dal punto di vista fisico, ma anche psicologico per il paziente che non si sente più in imbarazzo. La tossina però da sola non basta, è necessario una riabilitazione intensiva per esercitarsi alla deglutizione. Nel caso di parkinsoniani trattati con botulino la terapia riabilitativa è di sole tre settimane per due cicli all’anno, contro i 302 giorni previsti dalla terapia classica. Da non sottovalutare, quindi, anche il notevole risparmio che si ha sia dal punto di vista sanitario che sociale, tale da ammortizzare ampiamente il costo della tossina botulinica”.
“Oggi – conclude il Professore – l’AIFA ci ha autorizzato a somministrarla anche a domicilio, evitando così l’ospedalizzazione del paziente e tutte le conseguenze negative che ne derivano con ulteriori risparmi dal punto di vista psicologico e sociale”.

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