“Il declino cognitivo lieve”, spiega il professor Marco Trabucchi, presidente dell’Associazione italiana di Psicogeriatria, “non è una malattia, ma una condizione di disagio. La perdita di memoria è uno dei sintomi e non va confusa con normali dimenticanze legate a stanchezza o stress. Noi medici lo valutiamo come un segnale che apre a future demenze, sino allo sviluppo della malattia di Alzheimer. Occorre quindi individuarlo per tempo, così da evitare se possibile che si aggravi, e per questo è fondamentale il contributo dei medici di medicina generale, che hanno dimestichezza con il paziente e i suoi familiari”.
I segnali d’allarme
Questi alcuni dei sintomi più comuni nelle fasi iniziali che dovrebbero mettere in guardia la persona, o i suoi familiari, e far chiedere la consulenza del medico cuirante o di uno specialista: tendenza a ripetere le stesse frasi in un discorso; difficoltà nel trovare le “parole giuste”; problemi nel ricordare episodi recenti; aumento del tempo impiegato per compiere azioni abituali; temporanei momenti di spaesamento quando si è in giro.
“Purtroppo i primi che evitano di segnalare i vuoti di memoria o gli smarrimenti sono coloro che ne soffrono: spesso però non ne parlano perché si vergognano, così finiscono per isolarsi e peggiorare la situazione”, commenta il professor Trabucchi. Eppure una recente indagine DoxaPharma ha rivelato che l’85% degli italiani tra i 50 e i 70 è molto preoccupato dai rischi collegati all’invecchiamento cerebrale, più ancora di quanto temano i problemi cardiovascolari. “Nel dubbio, meglio allora chiedere l’aiuto di un medico per eseguire esami e test specifici per riconoscere il problema ancora in fase iniziale”, ribadisce il professor Trabucchi.
Un aiuto dalla nutraceutica
Il contrasto alla progressione del declino cognitivo lieve trova una nuova risorsa nella nutraceutica, la scienza che propone gli alimenti (singoli o in combinazione tra loro) come se fossero farmaci, ma senza alcun rischio di tossicità: fattore molto importante, visto che spesso il problema si manifesta in soggetti anziani spesso afflitti da altre patologie che magari sconsigliano l’utilizzo di determinate sostanze.
In particolare, una buona notizia arriva dallo studio LipiDiDiet, un lavoro di ricerca finanziato dall’Unione Europea e affidato a scienziati indipendenti: lo studio, durato due anni e pubblicato da The Lancet Neurology, la più importante rivista scientifica del settore, ha certificato la validità di una miscela brevettata di nutrienti attivi (tra cui acidi grassi Omega-3, fosfolipidi, antiossidanti e vitamine del gruppo B), in commercio con il nome di Souvenaid, nel preservare il tessuto cerebrale, la memoria e la capacità di salvaguardare le attività quotidiane in 311 soggetti che mostravano i primi sintomi di declino cognitivo lieve.
“Questi integratori vanno salutati con favore, pur avendo sempre ben presente che purtroppo non sono risolutivi”, è la valutazione del professor Marco Trabucchi. “La nutraceutica rappresenta comunque un passo in avanti, un supporto per rallentare l’invecchiamento cerebrale e la degenerazione dei tessuti cellulari. E anche se non dà prospettive di guarigione, certo contribuisce a dare ai pazienti qualche anno in più con una maggiore qualità della vita: essere per più tempo presenti a se stessi è comunque un traguardo importante. Mi sento dunque di consigliare questi prodotti, anche se comportano un costo non indifferente, che non tutti si possono permettere”.
L’assunzione quotidiana di un prodotto come il Souvenaid comporta infatti un esborso di circa 100 euro mensili, con l’unico rimborso da parte dello Stato che consiste attualmente nella possibilità di detrarre il 19% della spesa sostenuta dalla dichiarazione dei redditi alla voce prodotti “a fini medici speciali”.
Redazione Peranziani.it