Quale rapporto tra anziani ed internet?

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24 Novembre 2018

Quella che stiamo vivendo è l’epoca della rivoluzione digitale, il mondo di internet. Che non lascia scampo a nessuno, igloba tutti, giovani ed anziani. Sia chiaro, stiamo parlando di una cosa positiva che ha aumentato le possibilità di conoscenza, condivisione e apprendimento di ciascuno di noi. Ma non mancano i difetti, i rischi. E da questo punto di vista gli anziani, meno esperti e preparati delle nuove generazioni, corrono rischi maggiori

Anziani ed internet: come usarlo?

“Dal punto di vista relazionale – spiega Antonino Caffo, giornalista esperto di tecnologia –  sicuramente internet ha dato grossi vantaggi al pubblico dei più anziani. Se si pensa che fino a qualche tempo fa, al massimo, i nostri genitori usavano un computer solo sul posto di lavoro, oggi la loro destrezza tra un browser e una chat è concreta. Se è vero che ancora oggi rimane un certo gap tra giovani e anziani sull’utilizzo di Internet, le differenze diminuiscono anno dopo anno. Dei 35 milioni di italiani che navigano su Internet, oltre il 50% è iscritto a Facebook e di questi l’11% è formato da anziani. I motivi di un simile incremento sono almeno tre, voler rafforzare le relazioni digitali già in essere nella vita reale, cercare di costruire nuovi rapporti basati su interessi e hobby simili, seguire i percorsi di crescita di figli e nipoti tramite i social“.

Un boom del genere non è certo privo di rischi. Dalle catene su WhatsApp ai messaggi fake in chat e via email, i tentativi di ingannare gli utenti meno esperti sono all’ordine del giorno. Come fare? Approcciare l’universo digitale come se fosse specchio perfetto di quello organico: così come non faremmo entrare in casa, oltre la soglia, uno sconosciuto, allo stesso modo non si deve permettere di varcare il proprio perimetro virtuale a terzi, confidando segreti o orari di uscita, i giorni in cui si va a fare la spesa o il nome dei famigliari. Tutti indizi che un malvivente può sfruttare per arrecare danni. Nei rapporti in bit la discrezione deve guidare il percorso.

Come comportarsi e magari difendersi da una survey?

“Anche in questo caso – consiglia Caffo – sempre meglio tenere una certa distanza da chi effettua i sondaggi. Più raccontiamo di noi stessi più si darà all’interlocutore la possibilità di “profilarci” nel modo migliore. Non che questo sia un male ma, viste le connessioni che oggi una singola identità digitale ha, lasciare che le aziende costruiscano modelli di riferimento precisi sugli utenti da l’opportunità di creare categorie merceologiche ad-hoc, in cui l’intervistato ricade proprio grazie alle risposte fornite”.

Senza scendere nei dettagli si può benissimo dar seguito a una survey, ponendo sempre dinanzi il tema della privacy oltre il quale nessuno può procedere.

Cosa NON fare, soprattutto sui social?

Oltre alla questione della sicurezza personale, dunque evitare di cliccare su link e messaggi che arrivano da sconosciuti, ci sono delle buone maniere da tenere sui social, Facebook in primis.

“Innanzitutto – aggiunge Antonino Caffo – seppur possa sembrare una cortesia, bisognerebbe evitare di dare continuamente il buongiorno e la buonanotte a chi, dall’altra parte, non da segni di risposta. Tempestare di messaggi gli utenti non è un modus operandi accettabile, perché se abbiamo noi voglia di chattare non vuol dire che lo voglia anche l’interlocutore. Allo stesso modo, taggare nelle foto persone che con quell’immagine hanno poco a che vedere non è carino, per un motivo: la funzione di “tag” esiste proprio per inserire nei contenuti gli individui realmente presenti, giusto per ricordare un evento, una serata, un momento di allegria. Non pubblicare foto di bambini, nipoti o sconosciuti che siano, è una regola fondamentale. La maggior parte dei pedofili utilizza i social network per reperire immagini di minori. Meglio allora non arricchire il loro computer con quelle postate da noi, anche se condividere il sorriso di un nipotino sembra un atto naturale e assolutamente lecito”.

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