Far ricoverare un anziano in una Casa di riposo o in una Rsa è una decisione difficile da prendere, ma ancor più complesso è comunicare questa scelta al diretto interessato. Come allora gestire ogni fase di questo drastico cambiamento? “La principale chiave per presentare all’anziano qualsiasi cambiamento, positivo o negativo, è la gradualità”, suggerisce la psicologa e psicoterapeuta Laura Rivolta. “La scelta migliore è quella di presentare il ricovero come una soluzione temporanea, un periodo di riabilitazione o di valutazione delle esigenze dell’anziano. Ovvio che si tratti di un cambiamento destabilizzante e l’anziano, oltre allo stravolgimento delle proprie abitudini, teme anche l’inizio di una nuova fase della vita, caratterizzata dall’assistenza e da una minore autonomia. L’ingresso in questa fase deve essere quindi graduale e ogni modifica deve essere presentata come reversibile”.
Al momento del ricovero in Casa di riposo o Rsa, quali sono gli aspetti positivi da sottolineare per incoraggiare l’anziano?
“Di fatto, gli effetti benefici del soggiorno in struttura vengono sperimentati direttamente dalla persona, che può usufruire di una vasta serie di servizi contemporaneamente, fatto impensabile all’interno dell’ambiente domestico. L’anziano si renderà conto in poco tempo della quantità di attività alle quali può prendere parte e della possibilità di apportare a sua volta un contributo alla nuova comunità. In questo contesto, il ruolo-chiave è giocato dal team di operatori che lavora all’interno della struttura: non solo per i servizi offerti, ma anche per gli stimoli positivi che può apportare. Nel proprio ambiente domestico l’anziano patisce spesso una carenza di sollecitazioni, determinata in molti casi anche dalla relativa solitudine in cui vive e che può indurre una regressione cognitiva. Al contrario, la vita in Casa di riposo o in Rsa fornisce all’anziano un numero di stimoli sufficiente a restituirgli la dignità di una vita vissuta pienamente e, se ciò accade, la persona se ne accorge indipendentemente dal fatto che la sua nuova condizione gli sia sottolineata da altri”.
I caregiver famigliari possono comunque avere un ruolo attivo nella costruzione di questa nuova rete sociale…
“Assolutamente sì. Nella fase di inserimento all’interno della struttura il ruolo della famiglia è centrale per favorire l’integrazione dell’anziano. Innanzitutto, le visite dei famigliari devono essere più intense e frequenti nella prima fase, per evitare che il loro parente vada incontro a un pericoloso senso di abbandono. Tuttavia, ancora più efficace sarà la partecipazione attiva dei caregiver famigliari alle iniziative promosse dagli operatori o dai parenti degli altri ospiti della struttura: devono impegnarsi concretamente per intessere delle relazioni sociali, in maniera tale da promuovere l’ingresso dell’anziano come di loro stessi nella una nuova comunità. In questo modo, l’evoluzione del ricovero da temporaneo a permanente non verrà percepita come una forzatura, ma come il naturale decorso di questa esperienza”.
Quali sono, invece, gli atteggiamenti e gli errori da evitare?
“Il principale problema riscontrato dai famigliari in questa fase di inserimento è il senso di colpa, che però va subito sopito. Rispetto a quanto analizzato in precedenza, va sottolineato che gli elementi positivi apportati dal ricovero in Casa di riposo o Rsa non devono essere percepiti solo dall’anziano, ma anche dai suoi famigliari, che devono considerare la struttura come una fonte di stimoli e come un’occasione di conferire al proprio caro una ritrovata dignità personale. Anche il team degli operatori non va mai percepito negativamente: sono persone da considerare come degli alleati e non come dei “sostituti”. Il ruolo della famiglia rimane imprescindibile e la sua percezione della struttura influisce sulle impressioni dell’anziano e sulla sua capacità di adeguarsi prima e nel miglior modo possibile alla nuova vita”.
Redazione Peranziani.it