Può essere promosso un invecchiamento attivo attraverso le semplici attività del quotidiano, con l’obiettivo di prevenire la perdita di massa muscolare (“sarcopenia” nel linguaggio medico) e le tante patologie indotte dalla sedentarietà? La risposta è sì e viene dalla Sardegna, terra di centenari, dove un gruppo di anziani è stato coinvolto nello sperimentare uno stile di vita non sedentario mettendo al centro la tradizionale Casa campidanese (Domus sarda), trasformata in un luogo di prevenzione per tenere alla larga malattie e disabilità. Un esperimento dagli eccellenti risultati, che è poi anche stato riassunto nel libro “Casa campidanese, luogo elettivo per l’invecchiamento attivo in Sardegna”, scritto dal dottor Roberto Pili, medico di medicina generale e presidente della Comunità mondiale della longevità, con Ignazio Argiolas, docente del centro di Coverciano, e Mauro Piria, segretario sardo della Società scientifica italiana di Medicina fisica riabilitativa.
Come si è sviluppato il progetto
“L’iniziativa ha coinvolto 50 anziani tra i 65 e gli 80 e passa anni d’età, tre quarti di loro donne, che per due anni hanno appunto frequentato gratuitamente per cinque giorni la settimana una casa-laboratorio, strutturata sul modello di un’antica Casa campidanese, sita a Monserrato, non lontano da Cagliari. In quello scenario protetto, con un ampio ambiente interno e un grande giardino, coadiuvati da personale socio-sanitario, gli ospiti sono stati coinvolti in tutta una serie di attività fisiche basate sui movimenti che hanno permesso a tanti sardi di diventare centenari, e per di più in piena salute. Sono stati proposti esercizi ispirati alla vita dei campi, che simulavano il pigiare l’uva, l’uso di determinati attrezzi agricoli, l’estrarre l’acqua dal pozzo, il raccogliere gli ortaggi, ma anche il pedalare o l’affrontare semplici percorsi a ostacoli. Tutte attività di relativo impegno fisico, ma assolutamente efficaci per imparare a invecchiare bene, perché in modo attivo”.
Come replicarlo nel quotidiano
“Alla base della Casa campidanese”, prosegue il dottor Pili, “c’è l’idea che nella terza età ci si possa e debba muovere con intelligenza, senza forzature. Per rimanere in salute sono sufficienti i movimenti della quotidianità, in linea peraltro con quanto predica la stessa Organizzazione mondiale della Sanità: 20 minuti di movimento ogni giorno”. E se vivere in campagna certo è di grande aiuto, basta poco per riuscire comunque a rimanere attivi anche nei contesti più urbanizzati: “Camminare a passo sostenuto e usare le scale al posto dell’ascensore sono buone abitudini che si possono mettere in pratica ovunque. Ma sono d’aiuto anche le faccende domestiche: gli stessi anziani protagonisti del progetto nella Casa campidanese hanno potuto accorgersi di come piccoli gesti quotidiani come lavare i piatti o rifarsi il letto risultano importanti per tenersi in forma. E a questi aggiungo altre attività come passare l’aspirapolvere oppure occuparsi della raccolta differenziata. L’importante è recuperare il concetto di fatica intelligente, compatibile con lo stato psicofisico delle persone, ma finalizzata comunque a scongiurare la sedentarietà e mantenere efficiente l’apparato osteo-articolare a dispetto dell’età che avanza. Il che significa anche e soprattutto ridurre il rischio di cadute: un aspetto non da poco, considerate le 120 mila fratture di femore di cui sono vittima gli anziani ogni anno in Italia”.
Redazione Peranziani
Articolo revisionato dalla nostra redazione