Caregiver è un vocabolo che da qualche anno abbiamo fatto nostro. È entrato nelle vite di molti di noi che hanno accanto a loro un genitore o una persona cara anziana ed in condizioni di salute difficili, lontane dall’autosufficienza. E quindi tocca appunto al caregiver (letteralmente: «colui che offre aiuto, assistenza») farsi carico di queste situazioni con tutti i relativi problemi. Situazioni difficili per chi ha sempre condotto una vita tranquilla e che hanno dei riflessi anche sulla psicologia e sulle serenità di ciascuno.
Secondo gli esperti sono ben 5 le fasi ed i cambi di umore che un caregiver deve affrontare nel suo cammino: negazione, rabbia, contrattazione, depressione e accettazione. Un percorso singolo, individuale e non è detto che non si ritorni in una di queste fasi che si credeva superata.
Negazione
La prima fase è quella della negazione. Negazione della malattia, dei suoi sintomi, della realtà che cambia sotto i nostri occhi modificando quindi abitudini, priorità, vita quotidiana. Troppe volte capita che i sintomi ed i segnali di peggioramento fisico e medico degli anziani venga sottostimato, sottovalutato se non ignorato anche se si tratta di cose evidenti a tutti. Si tratta di un comportamento tipico, umano, facilmente comprensibile ma che diventa molto dannoso soprattutto per la persona malata che necessita del nostro aiuto, il prima possibile.
Shock/Rabbia
Dopo quindi aver preso atto della situazione di difficoltà che non si può più nascondere e rimandare capita una seconda reazione, nervosa, anzi, rabbiosa. Una rabbia che dentro di se ha anche affetto verso il nostro caro per cui siamo fortemente preoccupati, paura, sentimenti buoni ma che si trasformano in qualcosa di molto negativo. Questa tensione infatti spesso viene scaricata sull’anziano stesso che alla fine è semplicemente la prima ed unica vittima di una malattia o del passare inesorabile del tempo.
Bisogna quindi uscire il prima possibile da questo vortice, pericoloso per se stesso e per il nostro caro e lo si può fare soltanto prendendo coscienza dell’origine di questa rabbia, affrontandola ricordandosi sempre che si tratta di una situazione certamente difficile ma per la quale non ci sono colpevoli o responsabili.
Contrattazione
Davanti ad una diagnosi di malattia grave, davanti ad una persona a noi cara in grossa difficoltà la nostra mente, il nostro cuore, cercano di proteggersi, cercano spiragli di luce in un tunnel che sembra essere fatto solo di buio. È questa la fase della «contrattazione», cioè quel momento in cui crediamo che ci sia una via d’uscita miracolosa, quasi magica; che il nostro caro ha una determinata malattia ma «in forma lieve»; che sta per arrivare «un nuovo farmaco capace di sistemare ogni cosa». Piccole bugie che diciamo a fin di bene per dare speranza al nostro caro e a noi stessi.
Depressione
Quando però le cose ormai è chiaro che non possono che peggiorare ecco che si rischia di cadere nella fase più pericolosa, quella della depressione. Stato d’animo dalle milla sfaccettature, purtroppo tutte negative, in cui non vediamo altro che problemi, per una vita che non sarà più quella di prima, per un dolore sempre più grande, per una situazione che sembra una strada sempre più stretta e senza via d’uscita. Bisogna invece capire che il dolore è giusto, logico, naturale ma che non deve prendere il sopravvento sulla nostra lucidità e la nostra vita. Un caregiver deve sicuramente gestire problemi seri, gravi, quotidiani, ma non deve ridurre tutta la sua vita a questo, alle difficoltà che incontra. Questo soprattutto condividendo, chiedendo aiuto senza mai nascondersi dentro se stesso.
Accettazione intellettuale
C’è poi l’ultima fase, quella dell’accettazione. Avviene nel momento in cui, pur permanendo tutti i sentimenti possibili e naturali, si riesce a vedere la situazione in maniera molto chiara e lucida. È questo il momento giusto per prendere le decisioni che servono (cure, assistenze, ricoveri, terapie) senza farsi quindi travolgere dall’emotività. Il momento migliore anche per ricreare il giusto rapporto con il nostro caro che alla fine è la vera ed unica vittima.
Redazione Peranziani.it