Il prolasso vaginale colpisce 15 donne ogni 100, per lo più dopo il sopraggiungere della menopausa, ma nonostante ciò rimane una patologia per la quale in tanti casi non si chiede l’aiuto del medico, talvolta per disinformazione e molto più spesso per pudore. “Una donna, soprattutto se anziana, tende a manifestare una profonda ritrosia a rendere noti e descrivere i disturbi che colpiscono la sfera intima”, conferma il dottor Stefano Salvatore, responsabile dell’Unità funzionale di Uroginecologia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano. “Invece, se portato all’attenzione dello specialista, il problema del prolasso vaginale può essere affrontato con successo, migliorando la qualità della vita della persona”.
I diversi tipi di prolasso vaginale
Con il termine “prolasso” si indica una discesa delle pareti vaginali dovuta a un indebolimento delle fibre muscolari, con il disturbo che ha però forme diverse a seconda della parte anatomica interessata. “Innanzitutto, si distinguono tre diversi tipi di prolasso vaginale (che possono anche essere presenti in combinazione tra loro) per ciò che concerne la collocazione”, spiega il dottor Stefano Salvatore. “Possiamo avere un prolasso della parete anteriore sopra cui sono presenti la vescica e l’uretra (“cistocele”), un prolasso dell’apice della vagina sopra cui c’è l’utero (“isterocele”), o ancora della parete vaginale posteriore sotto cui è collocato il retto (“rettocele”). Viene poi fatta un’ulteriore e più importante distinzione sulla base della gravità del problema, diagnosticato su 4 gradi diversi: fino al secondo il prolasso si mantiene all’interno del canale vaginale, mentre quando si giunge al quarto abbiamo ormai raggiunto la massima estensione del disturbo, con una fuoriuscita di parte degli organi interni”.
Le cause e i fattori di rischio del prolasso vaginale
Una predisposizione genetica allo sviluppo del prolasso vaginale non può essere ignorata, tuttavia esistono altre cause incidenti, prima fra tutte il parto. “Solo il 4% delle donne che non hanno sostenuto un parto vaginale sviluppa la condizione di prolasso e questo elemento è di importanza centrale, perché sapere che una donna ha sopportato più volte lo sforzo del parto può essere un indizio per individuare per tempo tale patologia”, prosegue il dottor Stefano salvatore. “Tuttavia, possono essere causa del prolasso vaginale tutti quei fattori che vanno a sollecitare in maniera cronica e acuta le strutture muscolari, fasciali e connettivali del pavimento pelvico, come ad esempio alcune patologie fra cui la tosse cronica o la stitichezza, oppure un’attività fisica pesante, sia essa lavorativa o sportiva, condotta in modo continuativo. E’ infatti fondamentale ricordare che tutte queste alterazioni del tessuto connettivale si producono nel corso degli anni e anche un prolasso vaginale dovuto al parto può manifestarsi a distanza di tempo”.
I sintomi e le possibili cure per il prolasso vaginale
Come già scritto, individuare un prolasso vaginale nelle donne anziane non è sempre semplice sia per il medico curante sia per il caregiver, poiché in tanti casi il disturbo viene tenuto nascosto per imbarazzo e pudore. Problemi a urinare o a defecare, o al contrario incontinenza anziani e una condizione di stipsi, possono essere fra le avvisaglie, come anche sanguinamenti o bruciori delle zone intime. “Considerando che difficilmente questi disturbi verranno comunicati spontaneamente dal proprio caro, in caso di sospetto è fondamentale porre delle domande dirette, seppur molto semplici, che ci facciano comprendere se è giunto il momento di recarsi da un esperto”, prosegue ancora lo specialista. “La prima cura, infatti, consiste nel non sottovalutare il problema ed evitare che la sua severità divenga eccessiva: fino al secondo grado, infatti, non è necessario intervenire chirurgicamente, ma si riesce a contenere la situazione con una cura fisioterapica che è possibile svolgere sia presso ambulatori specializzati, presenti in ogni Centro di uroginecologia, sia a domicilio”.
In pratica, si tratta di apprendere sotto la guida di un’ostetrica o di un fisioterapista abilitato specifici e facili esercizi per aiutare il tono muscolare del pavimento pelvico. Una volta acquisita la tecnica, basta impegnarsi due volte la settimana nella pratica di tale ginnastica (che può anche essere svolta a scopo preventivo) per evitare che il disturbo degeneri. “Un’altra soluzione consiste nell’anello vaginale”, aggiunge il dottor Stefano Salvatore, “cioè nel ricorso a un supporto in grado di sostenere la parete vaginale che ha però il difetto di essere appunto un corpo estraneo: se non viene gestito correttamente, come può più facilmente accadere nelle donne anziane, può allora essere causa di lesioni o infezioni”.
E’ importante anche l’alimentazione
“Alla già citata ginnastica per il pavimento pelvico”, afferma lo specialista, “sia per la prevenzione sia per evitare peggioramenti è poi necessario seguire una sana alimentazione, che eviti al soggetto di prendere peso e di aumentare quindi la massa corporea che grava sulle pareti vaginali. Inoltre, attraverso una dieta equilibrata è possibile garantire un regolare funzionamento dell’intestino, evitando problemi di stitichezza”.
Redazione Peranziani.it