Secondo il rapporto annuale Istat 2018, l’Italia è arrivata a contare 168,7 anziani ogni 100 giovani e detiene ora il secondo posto al mondo per invecchiamento della popolazione, alle spalle del solo Giappone.
Allarme assistenza perché…
Un Paese di anziani, quindi, ma non per anziani, almeno non dal punto di vista medico-assistenziale. Sì, perché poco prima che i dati statistici fotografassero il suddetto quadro e che un altro rapporto Istat sul nostro futuro demografico prevedesse da qui al 2065 un allungamento di oltre cinque anni della vita-media per entrambi i generi (che diventerà così di 86,1 anni per gli uomini e 90,2 per le donne), è anche arrivato l’allarme della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG) sull’inadeguatezza del Servizio sanitario nazionale ad affrontare un tale cambiamento nella composizione della popolazione.
Nel corso del convegno “Invecchiamento attivo e autodeterminazione per il fine vita: strategie di tutela dell’anziano”, promosso lo scorso febbraio dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute della Donna (Onda), è stato infatti sottolineato come non solo la visita geriatrica non sia ancora prevista nei Livelli essenziali di assistenza (Lea, ovvero le prestazioni e i servizi che il Ssn è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di una quota di partecipazione), ma è stato anche e soprattutto evidenziato come si registri una costante riduzione del numero di medici specializzati nella cura della terza età. In particolare, è stato segnalato come nell’arco del 2018 saranno solo 164 gli specializzandi in geriatria, a fronte di 396 futuri pediatri.
I giovani servono, anche agli anziani
“Purtroppo i servizi per l’anziano sono spesso carenti, sia pure in modo disomogeneo sul territorio nazionale”, è stata l’analisi con cui il professor Raffaele Antonelli Incalzi, presidente nazionale della Sigg, ha accompagnato la presentazione dei numeri durante l’evento. “La disponibilità di specialisti in Geriatria per esempio è molto esigua e, vista la tendenza, non ci sono prospettive di miglioramento, oltre appunto al fatto che la visita geriatrica non è ancora inclusa tra i Lea, ma viene al momento fatta rientrare tra le prestazioni generiche. C’è insomma un’assoluta mancanza di attenzione e cultura rispetto al costante invecchiamento della popolazione”.
E lo scenario dipinto dall’Istat di un Paese destinato a veder drasticamente aumentare anche l’età media, che passerà in Italia dagli attuali 44,9 agli oltre 50 anni nel 2065, aumenta ancora di più l’allarme per il futuro lanciato dal professor Incalzi, con l’esortazione a cambiare rotta: “Il vero strumento di sicurezza per chi invecchia è avere intorno dei giovani, mentre al contrario si invecchia male in una società di vecchi. E in questo senso le politiche per la famiglia vanno intese come un beneficio anche per i più anziani. Un esempio? Prendersi cura dei nipoti giova alla salute dei nonni, che – come dimostrato dalle ricerche – vedono così ridursi del 40% il rischio di andare incontro a depressione”.
Redazione Peranziani.it