Nuovo e innovativo CCNL per gli operatori socio-sanitari delle strutture AGeSPI

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14 Febbraio 2018

“Non è stato un percorso semplice, ma alla fine siamo arrivati a un accordo triennale che ridisegna il trattamento normativo di tutto il personale socio-sanitario impiegato nelle nostre strutture secondo princìpi innovativi, che tengono conto dei tanti cambiamenti in essere nel mondo del lavoro come nella società”. Non nasconde la soddisfazione Mariuccia Rossini, presidente nazionale di AGeSPI (Associazione Gestori Sociosanitari e cure Post Intensive), nel commentare il nuovo Contratto collettivo nazionale di lavoro che riguarda più di un centinaio di strutture associate, per un totale di oltre 15 mila posti letto e 400 mila dipendenti nel settore dell’assistenza agli anziani, ai quali se ne aggiungono altri 300 mila impiegati in quella ai disabili e nella riabilitazione.

Valida sino al dicembre 2019 e controfirmata dalle tre principali confederazioni sindacali (Cgil, Cis e Uil), l’intesa ha un’efficacia retroattiva con data 1/1/2017 e presenta appunto diversi aspetti interessanti per il settore: “Ad esempio il recepimento della nuova normativa nazionale sulle unioni civili, con tutti i diritti e le indennità del caso per i dipendenti e i loro familiari”, prosegue Mariuccia Rossini. “Inoltre, è stato previsto l’inserimento di una sanità integrativa per gli operatori di tutti i livelli e, sempre nell’ottica di una maggiore tutela e rispetto del lavoratore, si è deciso di adottare nelle strutture associate criteri speciali riguardo il cosiddetto ‘periodo di comporto’ (ovvero la durata massima dell’assenza consentita in malattia) in caso di patologie oncologiche, particolari ricoveri ospedalieri e gravidanze. In pratica, viene annullato il limite di 180 giorni che in precedenza faceva scattare il licenziamento, per attendere invece che la persona torni prima in salute e poi a una regolare attività lavorativa. Un atto moralmente dovuto per le possibilità di guarigione offerte oggi dalla moderna medicina e visto anche il contesto in cui operano le realtà di AGeSPI”.

A questo proposito, ci sono anche punti dell’accordo collegati alla qualificazione o riqualificazione del personale impiegato?

“Certamente. Ad esempio è stato concordato con le unioni sindacali il perfezionamento dei percorsi di formazione e aggiornamento, che saranno promossi anche già durante il periodo di apprendistato. Poi c’è un altro interessante punto-cardine che riguarda i lavoratori senior, la cui carriera lavorativa è stata allungata dalla nuova normativa sulle pensioni collegata alla legge Fornero: si è stabilito di esentarli dalle mansioni più pesanti, come ad esempio i turni notturni. Una decisione dietro alla quale non c’è solo l’esigenza di evitare il controproducente logoramento di questa forza lavoro, ma anche e soprattutto la volontà di sfruttarne l’esperienza in campo assistenziale di questi operatori, mettendoli nelle condizioni di poter prestare al meglio il loro servizio”.

Una condizione che si dovrebbe riflettere positivamente anche sulle persone assistite…

“Appunto. Occorre partire dalla convinzione che un lavoratore soddisfatto svolge meglio la sua occupazione: il che, in questo caso, amplifica la soddisfazione dei pazienti, che sono poi i nostri clienti”.

Dal punto di vista dell’imprenditore, quali sono gli altri vantaggi di questo accordo?

“Oltre al fatto che all’interno delle nostre strutture siamo riusciti a mettere ordine in un settore che era molto confuso, con tanti contratti diversi e dalla validità spesso discutibile, ora noi gestori possiamo finalmente quantificare il costo del lavoro, sia in relazione al passato (cioè dal 1° gennaio 2017 a oggi) sia anche e soprattutto al futuro, così da poter pianificare gli investimenti senza le incognite di una negoziazione ancora aperta. Ad alcune delle voci già citate, vanno tra l’altro aggiunti l’arrotondamento degli scatti di anzianità e della indennità di reperibilità, oltre a 75 euro lordi da corrispondere in quattro tranches ai lavoratori di livello ‘4° super’. Mi rendo conto che la cifra possa sembrare modesta, ma nell’economia di scala delle nostre strutture ha il suo peso così come tutti gli altri impegni presi con le forze sindacali”.

Al di là del CCNL appena siglato per le strutture AGeSPI, cosa pensa possa servire al settore per migliorare il servizio di assistenza offerto agli anziani non autosufficienti?

“Tante cose. La prima è però di sicuro uno snellimento della burocrazia: ogni Regione ha una normativa diversa, spesso interpretata in modo soggettivo dai funzionari di riferimento. In altre parole, in Italia si hanno 20 leggi diverse, con centinaia se non migliaia di modi di intenderne l’applicazione: così spesso non si ha alcuna certezza sull’investimento che si va a fare, con ritardi nella realizzazione dei progetti dovuti a imprevedibili cavilli e conseguenti perdite di soldi, perché – come si dice – il tempo è denaro. Inoltre, nella maggior parte delle nostre Regioni non si ha la possibilità di avere la contribuzione per tutta la parte sanitaria, con i costi che finiscono inevitabilmente per essere ‘girati’ anche sulle rette dei pazienti, che diventano così sostenibili da pochi”. 

L’assistenza agli anziani non autosufficienti è in effetti una nota dolente, se non dolorosa, collegata alla terza età nel nostro Paese… 

“Infatti sottolineo certi aspetti non solo per portare acqua alle nostra attività, ma anche per rimarcare come a farne le spese siano soprattutto le persone anziane in difficoltà e le loro famiglie. Proprio per i suddetti motivi negli ultimi 10 anni in Italia non c’è stato un aumento dei posti letto proporzionale al bisogno, con gli ultra 75enni non autosufficienti che continuano ad aumentare in modo esponenziale. Il che ha generato e genera tutte le situazioni d’emergenza che ben conosciamo: la necessità che un familiare si faccia carico ‘in toto’ della situazione o quella di affidarsi a badanti che ci si augura affidabili, con cure che non sempre vengono condotte a domicilio in maniera adeguata. Il che è poi spesso causa, come dimostrano le statistiche, di ripetuti ricoveri e di un continuo innalzamento della spesa sostenuta dal Servizio sanitario nazionale senza che gli anziani possano ricevere un’assistenza adeguata e, aggiungo, dignitosa”.

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